Il Cristianesimo amico della scienza

di Giacomo Samek Lodovici, Il Timone, aprile 2007
Secondo uno dei più frequenti luoghi comuni, tra scienza e fede cristiana c'è opposizione e ostilità e la Chiesa è stata nemica dello sviluppo scientifico. Per rettificare questa falsità ci vorrebbe ovviamente molto spazio, ma qualche idea è comunque possibile fornirla. Infatti, dal punto di vista della storia delle idee, la Chiesa ha proclamato un messaggio che ha dato grande slancio alla scienza e alla tecnologia. Lo possiamo vedere mediante un inventario minimo e necessariamente incompleto.

Le idee cristiane che hanno dato slancio alla scienza:

1. Come ha sottolineato recentemente l'autorevole sociologo delle religioni Rodney Stark, la chiave di volta della superiorità scientifico-tecnologica vantata dall'Europa per molti secoli risiede nella sua straordinaria fiducia nella ragione, che ha comportato ogni sviluppo culturale, sociale e scientifico. E questa vittoria della ragione è merito inestimabile del cristianesimo. La valorizzazione cristiana della ragione è stata davvero innovativa, perché le altre religioni enfatizzavano solo il senso del mistero e aspiravano ad una conoscenza non razionale e discorsiva, bensì ricevuta per illuminazione divina e per intuizione. Per il cristianesimo la ragione ha un valore straordinario perchè: a) è un'immagine di quella divina; b) è un grande dono di Dio. Perciò la ragione deve applicarsi e progredire in ogni ambito, anche in quello scientifico.

2. Le culture antiche sono quasi sempre pervase da una visione negativa del mondo o, almeno, della materia (si pensi all'orfismo, ai presocratici, a Platone e, ancora nel III secolo d.C., a Plotino, ecc.; l'unica eccezione rilevante è Aristotele). Questa malvagità del mondo (o della materia) comporta un atteggiamento di disinteresse nei suoi riguardi, lo rende non meritevole di indagine e ricerca. Viceversa, per la Chiesa, il mondo e tutta la materia sono buoni, quindi da indagare e studiare a fondo: a) perché sono creati da Dio (l'idea della creazione non era mai stata guadagnata dai greci); b) perché Dio si è incarnato nel mondo.

3. Visto che Dio si riflette nel mondo (pur essendo diverso) come un pittore si esprime nel quadro, studiare il mondo significa scoprire la magnificenza di Dio e la sua potenza: «i cieli narrano la gloria di Dio e il firmamento annunzia l'opera delle sue mani» (Salmo 18). Galileo diceva che la natura è uno dei due libri scritti da Dio (l'altro è la Bibbia).

4. Visto che Dio è l'Autore del mondo, studiare il mondo equivale ad onorarne l'Autore.

5. Per molte culture antiche e per la filosofia greca (ad eccezione dei Pitagorici) la materia è irrazionale e dunque non è intelligibile, cioè non è comprensibile per la mente umana e per la scienza. Invece, per la Chiesa anche la materia è intelligibile, dunque potenzialmente conoscibile dal pensiero umano, perché è stata già pensata e poi creata da un Pensiero Creatore, quello di Dio. Anzi, la razionalità delle strutture del mondo, la loro conoscibilità da parte della mente umana, è un dato di fatto che rinvia a Dio come sua causa.

6. In buona parte delle culture arcaiche, nella filosofia greca (e tutt'ora in certe culture africane e asiatiche) il tempo ha un andamento circolare, ciclico, in cui tutto si ripete per necessità. È chiaro che questa concezione fatalista è frustrante per qualsiasi spirito di iniziativa, di intrapresa, scientifica e non solo: se tutto è già avvenuto, ogni apparente iniziativa nuova in realtà è una ripetizione nell'ingranaggio implacabile del tempo. Invece, per la Chiesa il tempo ha un andamento rettilineo, ed ogni avvenimento è una novità (pur se ricorrono delle somiglianze con il passato); tale visione dà slancio all'innovazione, alla ricerca, alla scoperta.

7. Nello stesso tempo, Dio non è un despota arbitrario, che cambia ogni momento le leggi della natura. Così le leggi che scopriamo un giorno restano vere anche il giorno dopo.

8. Per la Chiesa, la ricerca scientifica e la sua applicazione tecnologica sono una forma di obbedienza ad un comando di Dio: a) perché nella parabola dei talenti il Signore dice che ognuno deve far fruttare tutte le abilità che ha ricevuto in dote, quindi anche quella di studiare scientificamente il mondo; b) perché, più in generale, la ragione è un dono di Dio e va perciò esercitata quanto più possibile nella ricerca della verità.

9. Per i Greci e i Romani solo il lavoro intellettuale è stimabile e nobile; invece per la Chiesa ogni lavoro ha la sua dignità, anche quello manuale-tecnologico che interviene sul mondo. Infatti il Dio cristiano: a) interviene nel mondo; b) lavora per trent'anni come carpentiere a Nazareth.

10. Molte culture religiose antiche e moderne e alcuni filosofi greci (per es. Talete, Anassimandro, Senofane, ecc.) sono panteisti (Dio coincide con il mondo), oppure animisti (il mondo ha un'anima). Perciò l'atteggiamento più corretto nei riguardi del mondo è la venerazione, la contemplazione, ma non lo studio e l'intervento trasformativo-tecnologico. Viceversa, la Chiesa ha desacralizzato il mondo, spiegando che esso non coincide con Dio e non ha l'anima, perciò lo si può studiare a fondo e vi si può intervenire. Nello stesso tempo, il mondo è creato da Dio, perciò non appartiene all'uomo, che lo deve custodire e coltivare e non lo può devastare.

11. In molte forme culturali antiche (per es. l'orfismo e lo gnosticismo) e per molti filosofi (Eraclito, Platone, Aristotele) ci sono degli aspetti del sapere che vanno custoditi e non rivelati se non a pochi. Invece, per la Chiesa la conoscenza dev'essere condivisa e messa in comune. Ed è chiaro che quanto più si mettono in comune le proprie scoperte tanto più il sapere umano può progredire, perché, come dice il medievale Bernardo di Chartres, noi «siamo nani sulle spalle di giganti». I giganti sono le grandi menti che ci hanno preceduto, sulle cui scoperte noi possiamo appoggiarci e riuscire a vedere più lontano, cioè procedere oltre nella conoscenza.