Sempre più neomamme si dimettono dai loro posti di lavoro

di Francesco D'Ugo, 30 giugno 2020

Quest’anno sono state 37.611 le donne, neomamme, che hanno lasciato volontariamente il lavoro dopo la nascita di un figlio. Si tratta, secondo la “Relazione annuale sulle convalide delle dimissioni e risoluzioni consensuali delle lavoratrici madri e dei lavoratori padri - anno 2019” pubblicata dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro, del 73% dei casi totali di dimissioni volontarie di genitori lavoratori. Nel 2018 erano state 35.963. Inoltre è da verificare se queste dimissioni siano veramente volontarie: infatti non sono rari i casi in Italia, infatti, di "dimissioni in bianco", ovvero la pratica che prevede la richiesta del datore di lavoro di far sottoscrivere al lavoratore una lettera di dimissioni priva di data da utilizzare, ad esempio, in caso di gravidanza

Il restante 27% rappresenta, naturalmente, i lavoratori padri. In termini assoluti il fenomeno ne ha coinvolti 13.947. Il 60% delle richieste totali di dimissioni e risoluzioni consensuali di contratto riguardava lavoratrici e lavoratori con un solo figlio o in attesa del primo. 

L’età dei lavoratori e delle lavoratrici dimesse

La fascia d’età più interessata da questo fenomeno, è quella che va dai 34 ai 44 anni, con 20.427 dimissioni e risoluzioni di contratto accettate. Subito dopo c’è la fascia 29-34 anni con 17.952 dimissioni e risoluzioni di contratto accettate. 

La conciliazione di vita familiare e lavorativa

Il motivo principale che ha condotto oltre 50mila lavoratori italiani a prendere questa decisione è, secondo l'Ispettorato Nazionale del Lavoro, la “difficoltà di conciliare l’occupazione lavorativa con le esigenze di cura della prole”. Questa motivazione è stata registrata in 20.730 casi (20.212 nel 2018), in percentuale pari a circa il 35% del totale. In particolare a rendere inconciliabili lavoro e vita lavorativa erano l'assenza di parenti di supporto in 15.505 casi (27% del totale), l'elevata incidenza dei costi di assistenza al neonato (es. asilo nido o baby sitter) in 4.260 casi (7% del totale) e il mancato accoglimento al nido in 965 casi (circa 2% del totale). Seguono altre motivazioni tra cui la distanza dal luogo di lavoro, gli orari di lavoro e cambi di sede di lavoro o di mansioni. 

Per concludere, ecco un altro dato che mostra come non tutti abbiano intenzione di lasciare il lavoro con l'arrivo di un figlio: qualcuno infatti avanza al proprio datore di lavoro richieste di part-time o flessibilità che, però, nella maggior parte dei casi non vengono accolte. Infatti solo il 21% delle richieste di part-time è stata accolta. A riportarlo sempre la relazione, secondo la quale su 2.085 richieste ne sono state accolte 436. Si possono trovare dati analoghi anche nei rapporti degli anni precedenti. 

Se ti è piaciuto l'articolo condividilo su Facebook e Twitter, sostieni Documentazione.info. Conosci il nostro servizio di Whatsapp e Telegram?