«Shoah:Roosvelt e Churchill restarono zitti, Pio XII agì»

Salvatore Izzo, Agi 10 giugno

"Prendere per buone le accuse a Pacelli equivale a trascinare sul banco dei presunti rei, con gli stessi capi di imputazione, Roosevelt e Churchill, accusandoli di non aver pronunciato parole piu' chiare nei confronti delle persecuzioni antisemite".


Lo sostiene Paolo Mieli, coautore del volume "In difesa di Pio XII", edito da Marsilio come "contributo alla verita' storica su Pio XII", presentato questa sera all'Istituto Sturzo dal segretario di Stato della Santa Sede, card. Tarcisio Bertone.


A fronte della mancata denuncia degli anglo-americani sui campi di sterminio, la cui esistenza era ben nota ai due leader, che pure erano in guerra con la Germania nazista, Mieli si chiede: "come si puo' sindacare all'interno di una guerra e in piu' nei confronti di una personalita' disarmata com'è un Papa? La speciosità di questa offensiva nei confronti di Pio XII - sottolinea il direttore del Corriere della Sera - appare davvero sospetta a qualsiasi persona in buona fede ed e' una speciosita' a cui e' doveroso opporre resistenza".


In proposito Mieli ricorda la grande azione dispiegata dalla Chiesa Cattolica a favore degli ebrei: "a Roma, a fronte dei duemila deportati, diecimila loro correligionari riuscirono a salvarsi". E se non tutti "li salvo' la Chiesa di Pio XII, pero' senz'altro la Chiesa contribui' a trarne in salvo la maggior parte. Ed e' impossibile che il Papa non fosse a conoscenza di quello che facevano preti e suore che rispondevano alle sue gerarchie. Il risultato - ricorda Mieli - fu che per anni e anni personalita' importantissime del mondo ebraico hanno riconosciuto questo merito nominando esplicitamente Pio XII come grande artefice di quei salvataggi".


Pero', rileva, "di queste testimonianze si è persa ormai quasi traccia". "Oggi purtroppo - afferma Mieli che firma il volume insieme al direttore dell'Osservatore Romano Giovanni Maria Vian - l'attenzione su Pio XII e' talmente forte che anche un normale dibattito storiografico s'incendia. E a causa di queste polemiche puo' accadere che nella settima sala di Yad Vashem, il museo ebraico della Shoah a Gerusalemme, venga esposta una foto di Pio XII con una didascalia che definisce 'ambiguo' il suo comportamento al cospetto del nazismo".


Nel 1958 giudizi positivi quasi unanimi accompagnarono la scomparsa di Pio XII: "come e' stato allora possibile un simile rovesciamento d'immagine, verificatosi per di piu' nel giro di pochi anni, piu' o meno a partire dal 1963?", si chiede da parte sua il prof. Vian, per il quale a causare l'ostracismo degli storici verso Eugenio Pacelli fu la "linea anticomunista che gia' durante la guerra, il Papa comincio' a essere additato dalla propaganda sovietica come complice del nazismo e dei suoi orrori". Accuse sovietiche e comuniste, ripetute con insistenza durante la guerra fredda e rilanciate dal dramma 'Il vicario' di Rolf Hochhuth nel 1963. La "seconda ragione" che ha provocato la devastazione dell'immagine di Pio XII, per il prof. Vian, "fu l'avvento del successore, Roncalli, "salutato come 'il Papa buono', e senza sfumature sempre piu' contrapposto al predecessore: per il carattere e lo stile radicalmente diversi, ma anche per la decisione inattesa e clamorosa di convocare un Concilio".


Pio XII, che riguardo al nazismo "nei suoi interventi richiamò principi generali, applicandoli alla situazione, ma non operò condanne", secondo lo storico Andrea Riccardi, docente all'Universita' Roma Tre, "ebbe consapevolezza del suo silenzio" e del rischio che sarebbe stato male interpretato. Lo rivela, spiega Riccardi, lo stesso Giovanni XXIII nel suo Giornale dell'Anima, quando scrive che nel 1941 Papa Pacelli gli chiese "se il suo silenzio circa il contegno del nazismo non e' giudicato male".

 

Nel saggio pubblicato nel volume di Marsilio, Riccardi pubblica anche un appunto dell'allora mons. Domenico Tardini (poi segretario di Stato di Roncalli) riguardo alla richiesta dei vescovi polacchi per una condanna dei nazisti. "Non già - scriveva Tardini - che manchi la materia; non già che non rientri, tale condanna, nei diritti e nei doveri della Santa Sede (quale suprema tutrice anche della legge naturale); ma ragioni pratiche sembrano imporre di astenersi". Per il collaboratore di Pacelli, una condanna sarebbe stata sfruttata politicamente, mentre il governo tedesco "inasprirebbe ancora la persecuzione contro il cattolicesimo", a cominciare dalla Polonia. "Il Papa - spiega Riccardi - voleva evitare ulteriori persecuzioni e percepiva le debolezze dei cattolici tedeschi. Questa situazione da una parte, le pressioni sul Vaticano (sino alla minaccia di deportazione del Papa) dall'altra, ponevano seri dubbi sul fatto che Pio XII avrebbe potuto continuare liberamente il suo ministero". Per il prof. Riccardi, "il Papa, mantenendo il riserbo, voleva che la Chiesa restasse come spazio di umanità nel cuore della guerra".

"Qui - conclude lo storico - si inserisce l'attivita' in soccorso alle popolazioni colpite dalla guerra, di asilo ai prigionieri e ai ricercati, in particolare a Roma con l'opera di nascondimento di ebrei e ricercati dai nazifascisti".

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