Pio XII, la Chiesa e il Nazismo

Fonti varie, rielaborazione di documentazione.info
Le ragioni del silenzio
tratto da 30giorni, giugno 2001 (recensione di Gianni Valente del libro di Tornielli “Pio XII, il Papa degli ebrei”, Piemme)

La SantaSede collaborò ai piani per rovesciare Hitler
A demolire la leggenda di Pio XII come "maggiore responsabile dell’Olocausto" (Zuccotti), il libro [di Tornielli, ndr] richiama una serie di fatti verificati dalle più attendibili e nuove ricerche negli archivi di mezzo mondo. Come il coinvolgimento vaticano nel piano per rovesciare Hitler ideato da alcuni alti ufficiali tedeschi, che nel novembre ’39 chiesero al Papa di intervenire su Londra per avere la garanzia che, una volta caduto il dittatore, gli Alleati non ne avrebbero approfittato per smembrare e sottomettere la Germania (la circostanza è confermata dalle carte del diplomatico inglese Francis Obsborne, consultato più volte in Vaticano su questo scenario).

Il “via libera” all’alleanza USA-URSS
Nella medesima direzione va interpretato l’indiretto "via libera" di Pio XII all’alleanza tra gli Stati Uniti e la Russia stalinista in chiave antinazista. Davanti alle remore di molti cattolici americani e di alcuni esponenti della Curia che considerano lo stalinismo abominevole quanto il nazismo, l’anticomunista Pacelli fa circolare ad hoc tra i vescovi Usa un’interpretazione "larga" della Divini Redemptoris, l’enciclica con cui il suo predecessore aveva condannato il comunismo. Sostenendo che il documento di papa Ratti condannava il bolscevismo ma non il popolo russo, che quindi poteva essere aiutato nella sua battaglia contro l’orrore nazista. Viene abbondantemente documentato anche il decisivo contributo che il cardinale Pacelli, allora segretario di Stato, aveva dato alla stesura dell’enciclica Mit brennenderSorge, con cui il suo predecessore Pio XI aveva condannato il razzismo nazista. Inoltre, dalle carte del processo di beatificazione in corso in Vaticano, emergono anche i vari tentativi operati da Pio XII per applicare a distanza preghiere di esorcismo ad Adolf Hitler, che Pacelli considerava indemoniato. Una circostanza raccontata nella testimonianza di uno dei nipoti di Pacelli. Eppure, i silenzi ci furono.

La via del silenzio: una strategia efficace
Anche il nuovo studio riconosce che, durante i lunghi anni dell’orrore, Pio XII evitò di esprimere una condanna pubblica della Germania nazista, che pure gli veniva sollecitata dai rappresentanti diplomatici delle forze alleate. Ma numerosi episodi riportati nel volume testimoniano che il primo ad essere consapevole della via del silenzio imboccata in quegli anni dalla Chiesa era lo stesso Pio XII. Come emerge dal diario di Angelo Roncalli, nunzio apostolico a Istanbul e successore di papa Pacelli sul trono pontificio, che incontrando il Papa nell’ottobre 1941 si sente chiedere "se il suo silenzio circa il contegno del nazismo non è giudicato male". E come conferma il racconto di don Pirro Scavizzi, il cappellano italiano che in quegli anni girava per l’Europa a raccogliere notizie dei profughi e dei perseguitati. Quando, nella primavera del ’42, don Pirro incontra il Papa, questi gli confida le ragioni reali del suo atteggiamento verso il nazismo: "Dica a tutti che, più volte, avevo pensato a fulminare con scomunica il nazismo, a denunciare al mondo civile la bestialità dello sterminio degli ebrei […].

L’opzione più ragionevole
Dopo molte lacrime e molte preghiere, ho giudicato che la mia protesta non solo non avrebbe giovato a nessuno, ma avrebbe suscitato le ire più feroci contro gli ebrei e moltiplicato gli atti di crudeltà perché sono indifesi. Forse, la mia protesta solenne avrebbe procurato a me una lode del mondo civile, ma avrebbe procurato ai poveri ebrei una persecuzione anche più implacabile di quella che soffrono". Una buona parte dello studio di Tornielli si sofferma ad analizzare le ragioni di fondo del silenzio papale, quelle che il Papa stesso espone a Scavizzi e in diverse altre occasioni. Ad uno sguardo non viziato da pregiudizi ideologici, l’autocensura papale appare come l’opzione più ragionevole, in quei tempi terribili. Tutti i precedenti storici confermavano l’inutilità e addirittura l’effetto boomerang delle condanne pubbliche contro la ferocia nazista. Quando, nel luglio ’42, i vescovi cattolici olandesi avevano denunciato con durezza la persecuzione dei loro connazionali ebrei, i nazisti avevano risposto incrudelendo la deportazione di cristiani e di israeliti. Dopo questo episodio, papa Pacelli aveva bruciato nella stufa gli appunti di un pronunciamento solenne contro il nazismo a cui stava lavorando. Più tardi, nel giugno ’43, parlando al collegio cardinalizio, confiderà ai porporati questo senso d’impotenza provato "davanti a porte che nessuna chiave valeva ad aprire", e il timore che ogni sua mossa finisse per "rendere, pur senza volerlo, più grave e insopportabile la situazione deisofferenti".

7-800.000 ebrei salvati, secondo fonti ebraiche
 Davanti al nazismo, il Pastor angelicus non ha la presunzione di presentarsi come colui che per mandato divino è chiamato a distruggere l’impero del male con la sola forza della sua parola. Ma questa percezione realistica della propria inermità davanti alla ferocia dei poteri mondani si coniuga con una buona dose di pragmatismo. La rinuncia alle condanne plateali serve innanzitutto a nascondere in un cono d’ombra l’azione silenziosa di quanti — conventi, parrocchie, nunziature, opere pie, ordini religiosi, lo stesso Vaticano — in quegli anni cercano di salvare in ogni modo e con ogni sotterfugio le vittime destinate allo sterminio. I dati forniti da fonti ebraiche, raccolti nel libro di Tornielli, raccontano di 7-800mila ebrei salvati durante il grande terrore grazie all’aiuto e alla protezione di istituti cattolici e personalità ecclesiastiche. Un dato ancor più significativo, se confrontato con le omissioni di soccorso reiterate in quegli anni dagli organismi internazionali e dalle potenze alleate.

Gli Alleati non fecero lo stesso
Che magari pressavano il Vaticano per ottenere qualche dichiarazione ad effetto da utilizzare nella propaganda di guerra, ma poi respingevano alle proprie frontiere gli ebrei in fuga dalla Germania (come accadde in più occasioni in Inghilterra e negli Stati Uniti) o boicottavano l’esodo ebraico verso la Palestina sotto mandato britannico. Il volume di Tornielli riporta in pagine drammatiche i documenti che testimoniano questi sabotaggi costati la vita a centinaia di migliaia di persone. Invece, anche i silenzi papali più imbarazzanti (come quello in occasione del rastrellamento nel ghetto di Roma) e le autocensure più palesi (come la lettera di condanna dell’invasione nazista di Olanda, Belgio e Lussemburgo, dapprima destinata alla pubblicazione sull’Osservatore Romano e alla fine rimasta nel cassetto) alla luce delle circostanze reali possono essere spiegati con l’intenzione di salvare quante più vite possibile.

Salvò il 90% della comunità ebraica romana
Il Papa rinuncia a "parlare" e a "scrivere", affinché la strategia di soccors oattuata in tutta Europa non sia colpita e smantellata dalla rappresaglia hitleriana. Nella capitale, come riconosce il già citato Pinchas Lapide, "la prudenza e la circospezione del Pontefice salvarono più del 90% della comunità ebraica romana". Aprendo i conventi e le case religiose agli ebrei in fuga. Rinunciando — è vero — alla protesta sdegnata. Ma muovendo allo stesso tempo una serie di rappresentanti "ufficiosi", come padre Pancrazio Pfeiffer, che convincono i comandi tedeschi a sospendere il programma di deportazione dopo il rastrellamento del 16 ottobre ’43, in cui erano stati arrestati 1259 israeliti romani. Del resto, la rinuncia all’anatema esplicito nei confronti del nazismo non può essere presentata come un mutismo assoluto.

Quelle eloquenti allusioni…
I messaggi papali, in quegli anni, si astengono dal fare i nomi dei persecutori. Non nominano Hitler né il nazismo. Ricorrono spesso a formule allusive. Ma, in tempi di persecuzione, la Chiesa usa sovente parlare così. Uno dei contributi più originali del nuovo studio su Pio XII è proprio l’analisi serrata dei sottintesi e dei segnali impliciti di cui erano disseminati i pronunciamenti papali di quegli anni. Così, quando papa Pacelli parlava di coloro che soffrivano "per ragione della nazionalità o della stirpe, destinati talora a costrizioni sterminatrici" (discorso al Sacro Collegio, 2 giugno ’43), o quando condannava la dottrina razzistica che "rivendica" determinati diritti per determinate stirpi, deplorando la sorte "di centinaia di migliaia di persone, le quali, senza veruna colpa propria, solo per ragione di nazionalità o di stirpe, sono destinate a morte o ad un progressivo deperimento" (radiomessaggio natalizio del 1942), non v’era al mondo chi non capisse di cosa il Papa stava parlando.

 

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La questione del concordato con la Germania
(tratto da: Vittorio MESSORI, Pensare la storia. Una lettura cattolica dell'avventura umana, Paoline, Milano 1992)

Molto si è discusso sull'opportunità di firmare, sin dal luglio del 1933, un Concordato tra il Vaticano e il nuovo Reich.

Il Cancellierato di Hitler era solo all’inizio
Innanzitutto, va osservato - e questo valga naturalmente per tutti i cristiani, cattolici come protestanti - che si era a pochi mesi soltanto dall'avvio del Cancellierato di un Adolf Hitler che non aveva ancora assunto tutti i poteri e non aveva dunque svelato per intero il volto del regime che soltanto in seguito realizzerà. Si ricordi che, sino al '39, il premier inglese Chamberlain sosteneva la necessità di una conciliazione con Hitler e che lo stesso Winston Churchill scrisse (e la cosa, con imbarazzo degli Alleati, fu ricordata dagli imputati al processo di Norimberga): "Se un giorno la mia patria dovesse cadere in angustie come la Germania, io pregherei Dio di darle un uomo dalla fattiva energia di Hitler". [...]

Il concordato è ancora oggi in vigore
In ogni caso, quanto al Concordato del '33, va pur detto che non era poi un testo così impresentabile se, con qualche adattamento, è ancora oggi in vigore nella Repubblica Federale Tedesca, e limitandosi quasi a ripetere gli accordi da lungo tempo firmati con gli Stati della Germania democratica pre-nazista. Va poi ricordato come nel 1936, meno di tre anni dopo la stipula, la Santa Sede avesse già inoltrato al governo del Reich ben 34 note di protesta per violazione del Concordato medesimo. Proprio come culmine di quelle violazioni continue, l'anno seguente, nel 1937, Pio XI scriveva la celebre enciclica «Mit brennender Sorge».

Il concordato: un antidoto al pericolo della “chiesa di stato”
Ma poi, andando alla radice: i contestatori di ogni Concordato, non vedono come questi siano possibili in base a una concezione di Chiesa che è preziosa, soprattutto in tempi drammatici come furono quelli. E' la concezione cattolica, cioè, di una Chiesa come società autonoma, indipendente, che ha le sue strutture, la sua organizzazione, il suo Vicario terreno e il solo vero Capo e Legislatore in Gesù Cristo. Una prospettiva, insomma, che prende davvero sul serio l'inaudita parola del Vangelo: "Date a Cesare quel che è di Cesare, a Dio quel che è di Dio". E' straordinariamente importante il solo fatto che un governo (e soprattutto uno come quello del Führer), accetti di venire a patti con la Chiesa, stabilendo diritti e doveri reciproci: è il riconoscimento che, per l'uomo, ci sono anche doveri verso Dio, non soltanto verso lo Stato. E' l'affermazione che Cesare non è tutto, come - con la sua soffocante creazione delle "Chiese di Stato" - il protestantesimo rischia di affermare, almeno nei fatti. Malgrado i suoi inconvenienti, malgrado (come nel caso del nazismo) non sempre sia rispettato, un Concordato riafferma però, per il solo fatto di esistere, che c'è un altro potere in grado di resistere e vincere, alla lunga, il potere del mondo.

Una Chiesa disarmata eppure temibile per il tiranno
Certo, soprattutto a guerra scoppiata, il Concordato del '33 fu, per Berlino, poco più che carta straccia. Tuttavia, ai credenti perseguitati, ricordò che nell'Europa non c'era soltanto, unico e onnipotente, il Terzo Reich. Ma che c'era anche la Chiesa romana, disarmata eppure temibile persino per il tiranno il quale, difatti, sfidò il mondo intero ma non osò chiedere ai suoi paracadutisti, nella Roma da cui il governo italiano era fuggito, di varcare i confini del colle vaticano.

 

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I Martiri del nazionalsocialismo
(tratto da Cattolici kaputt di Marco RESPINTI, Tempi, n. 12)

Nel 1933, la Santa Sede firma il Concordato con la Germania nazionalsocialista. Il 14 marzo 1937, Papa Pio XI promulga l'enclica "Mit Brennender Sorge": è la scomunica del "cristianesimo tedesco" e della "superiorità della razza" teorizzate dal Terzo Reich. Pochi giorni dopo, il 19 marzo, con l'enciclica "Divini Redemptoris" il pontefice scomunica anche il comunismo ateo regnante in Unione Sovietica. La repressione hitleriana contro i cattolici risulta essere stata particolarmente feroce soprattutto e anzitutto in quella Polonia rivendicata e poi invasa dal Reich. La Polonia dei lager, primo fra tutti quello di Auschwitz-Birkenau a Oswiecim, luogo del supremo martirio di cristiani e di ebrei a cominciare dal frate minore conventuale san Massimiliano Kolbe (1894-1941) e dalla suora carmelitana scalza santa Teresa Benedetta della Croce, al secolo Edith Stein, ebrea convertita (1891-1942). Alla fine della Seconda guerra mondiale, le vittime cattoliche polacche mietute dai tedeschi contano 4 vescovi, 1996 sacerdoti, 113 chierici e 238 religiose. I deportati nei campi di prigionia e di sterminio sono stati in totale 3642 sacerdoti, 389 chierici, 341 conversi e 1117 suore.
 
Ecco una lista parziale:

    * Edith Stein (1891-1942)
    * Massimiliano M. Kolbe (1894-1941)
    * Tito Brandsma (1881-1942)
    * Enrico Krzysztofik (1908-1942)
    * Enrico Kaczorowski (1888-1942) e compagni
    * Antoni Julian Nowowiejski (1858-1941) e compagni
    * Francesco Dachtera (1910-1942)
    * Vladislaw Maczkowski (1911-1942)
    * Jakob Gapp (1897-1943)

    * Adam Bargielski
    * Aleksy Sobaszek
    * Alfons Maria Mazurek
    * Alicja Maria Jadwiga Kotowska
    * Alojzy Liguda
    * Anastazy Jakub Pankiewicz
    * Anicet Koplinski
    * Antoni Beszta-Borowski
    * Antoni Julian Nowowiejski
    * Antoni Leszczewicz
    * Antoni Rewera
    * Antoni Swiadek
    * Antoni Zawistowski , sacerdote (1882-1942 KL Dachau)
    * Boleslaw Strzelecki , sacerdote (1896-1941, Germania Auschwitz)
    * Bronislaw Komorowski , sacerdote (1889-22.3.1940 KL Stutthof)
    * Bronislaw Kostkowski , studente (1915-1942 KL Dachau)
    * Brunon Zembol , religioso (1905-1922 KL Dachau)
    * Czeslaw Jozwiak (1919-1942 prigione Dresden),
    * Dominik Jedrzejewski , sacerdote (1886-1942 KL Dachau)
    * Edward Detkens , sacerdote (1885-1942 KL Dachau)
    * Edward Grzymala , sacerdote (1906-1942 KL Dachau)
    * Edward Kazmierski (1919-1942 prigione in Dresden),
    * Edward Klinik (1919-1942 prigione in Dresden),
    * Emil Szramek, sacerdote (1887-1942 KL Dachau)
    * Ewa Noiszewska, religiosa (1885-1942, Góra Pietrelewicka in Slonim)
    * Fidelis Chojnacki, religioso (1906-1942 KL Dachau)
    * Florian Stepniak, religioso, sacerdote (1912-1942 KL Dachau)
    * Franciszek Dachtera, sacerdote (1910-23.8.1942 KL Dachau)
    * Franciszek Drzewiecki, religioso, sacerdote (1908-1942 KL Dachau)
    * Franciszek Kesy (1920-1942 prigione in Dresden),
    * Franciszek Rogaczewski, sacerdote (1892-11.1.1940)
    * Franciszek Roslaniec, sacerdote (1889-1942 KL Dachau)
    * Franciszek Stryjas, padre di famiglia, (1882-31.7.1944 prigione Kalisz)
    * Grzegorz Boleslaw Frackowiak, religioso (1911-1943 ucciso in Dresden)
    * Henryk Hlebowicz, sacerdote (1904-1941 Borysewo)
    * Henryk Kaczorowski, sacerdote (1888-1942 KL Dachau)
    * Henryk Krzysztofik, religioso, sacerdote (1908-1942 KL Dachau)
    * Hilary Pawel Januszewski, religioso, sacerdote (1907-1945 KL Dachau)
    * Jan Antonin Bajewski, religioso, sacerdote (1915-1941 KL Auschwitz)
    * Jan Nepomucen Chrzan, sacerdote (1885-1942 KL Dachau)
    * Jarogniew Wojciechowski (1922-1942 prigione in Dresden).
    * Jerzy Kaszyra, religioso,sacerdote (1910-1943, in Rosica),
    * Jozef Achilles Puchala, religioso, sacerdote (1911-1943)
    * Jozef Cebula, religioso, sacerdote (1902-1941 KL Mauthausen)
    * Jozef Czempiel, sacerdote (1883-1942 KL Mauthausen)
    * Jozef Innocenty Guz, religioso, sacerdote (1890-1940 KL Sachsenhausen)
    * Jozef Jankowski, religioso,sacerdote, (1910 -16.10.1941, Auschwitz)
    * Jozef Kowalski
    * Jozef Kurzawa, sacerdote (1910-1940)
    * Jozef Kut, sacerdote (1905-1942 KL Dachau)
    * Jozef Pawlowski, sacerdote (1890-9.1.1942 KL Dachau)
    * Jozef Stanek, religioso, sacerdote (1916-23.9.1944, morto a seguito delle torture in Varsavia)
    * Jozef Straszewski, sacerdote (1885-1942 KL Dachau)
    * Jozef Zaplata, religioso (1904-1945 KL Dachau)
    * Julia Rodzinska, religiosa (1899-20.2.1945 Stutthof);
    * Karol Herman Stepien, religioso, sacerdote (1910-1943)
    * Katarzyna Celestyna Faron, religiosa (1913-1944 KL Auschwitz)
    * Kazimierz Gostynski, sacerdote (1884-1942 KL Dachau)
    * Kazimierz Grelewski, sacerdote (1907-1942 KL Dachau)
    * Kazimierz Sykulski, sacerdote (1882-1942 KL Auschwitz)
    * Krystyn Gondek, religioso, sacerdote (1909-1942)
    * Leon Nowakowski, sacerdote (1913-1939)
    * Leon Wetmanski(1886-1941, Dzialdowo), vescovo
    * Ludwik Gietyngier
    * Ludwik Mzyk, religioso, sacerdote (1905-1940)
    * Ludwik Pius Bartosik, religioso, sacerdote (1909-1941 KL Auschwitz)
    * Maksymilian Binkiewicz, sacerdote (1913-24.7.1942, Dachau)
    * Marcin Oprzadek, religioso (1884-1942 KL Dachau)
    * Maria Antonina Kratochwil, religiosa (1881-1942)
    * Maria Klemensa Staszewska, religiosa (1890-1943 KL Auschwitz)
    * Marian Gorecki, sacerdote (1903-22.3.1940 KL Stutthof)
    * Marian Konopinski, sacerdote (1907-1.1.1943 KL Dachau)
    * Marian Skrzypczak, sacerdote (1909-1939 in Plonkowo)
    * Marianna Biernacka (1888-1943),
    * Marta Wolowska, religiosa (1879-1942, Góra Pietrelewicka in Slonim)
    * Michal Czartoryski, religioso, sacerdote (1897-1944)
    * Michal Ozieblowski, sacerdote (1900-1942 KL Dachau)
    * Michal Piaszczynski, sacerdote (1885-1940 KL Sachsenhausen)
    * Michal Wozniak, sacerdote (1875-1942 KL Dachau)
    * Mieczyslaw Bohatkiewicz, sacerdote (1904-4.3.1942 shot in Berezwecz)
    * Mieczyslawa Kowalska, religiosa (1902-1941 KL Dzialdowo)
    * Narcyz Putz, sacerdote (1877-1942 KL Dachau)
    * Narcyz Turchan, religioso, sacerdote (1879-1942 KL Dachau)
    * Natalia Tulasiewicz (1906-31.3.1945 Ravensbrück),
    * Piotr Bonifacy Z|ukowski, religioso (1913-1942 KL Auschwitz)
    * Piotr Edward Dankowski, sacerdote (1908-3.4.1942 KL Auschwitz)
    * Roman Archutowski, sacerdote (1882-1943 KL Majdanek)
    * Roman Sitko, sacerdote (1880-1942 KL Auschwitz)
    * Stanislaw Kubista, religioso, sacerdote (1898-1940 KL Sachsenhausen)
    * Stanislaw Kubski, religioso, sacerdote (1876-1942 KL Dachau)
    * Stanislaw Mysakowski, sacerdote (1896-1942 KL Dachau)
    * Stanislaw Pyrtek, sacerdote (1913-4.3.1942 Berezwecz)
    * Stanislaw Starowieyski, padre di famiglia (1895-13.4.1940/1 KL Dachau)
    * Stanislaw Tymoteusz Trojanowski, religioso (1908-1942 KL Auschwitz)
    * Stefan Grelewski, sacerdote (1899-1941 KL Dachau)
    * Symforian Ducki, religioso (1888-1942 KL Auschwiitz)
    * Tadeusz Dulny, seminarita (1914-1942 KL Dachau)
    * Wincenty Matuszewski, sacerdote (1869-1940)
    * Wladyslaw Bladzinski, religioso, sacerdote (1908-1944)
    * Wladyslaw Demski, sacerdote (1884-28.5.1940, Sachsenhausen)
    * Wladyslaw Goral,(1898-1945 KL Sachsenhausen), vescovo
    * Wladyslaw Mackowiak, sacerdote (1910-4.3.1942 Berezwecz)
    * Wladyslaw Maczkowski, sacerdote (1911-20.8.1942 KL Dachau)
    * Wladyslaw Miegon, sacerdote, (1892-1942 KL Dachau)
    * Wlodzimierz Laskowski, sacerdote (1886-1940 KL Gusen)
    * Wojciech Nierychlewski, religioso, sacerdote (1903-1942 KL Auschwitz)
    * Zygmunt Pisarski, sacerdote (1902-1943)
    * Zygmunt Sajna, sacerdote (1897-1940 Palmiry)
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