Non siamo troppi nel mondo

di Tommaso Cardinale, 11 gennaio 2020

Ciclicamente esce un film catastrofico americano o una serie tv in cui la terra è oramai al collasso per i troppi abitanti, e bisogna che l’umanità trovi un’altra sistemazione nella galassia o un nuovo modo per sopravvivere. Ma è vero che nel mondo siamo troppi? La terra non riesce a sostenere la vita di circa sette miliardi di esseri umani?

In realtà non siamo troppi. Le risorse che abbiamo sono semplicemente divise in modo ingiusto: oggi produciamo globalmente abbastanza cibo da sfamare 10 miliardi di persone al giorno. Come però segnala il movimento Fridays for Future quella del sovrappopolamento del pianeta è essenzialmente una bufala creata e diffusa da “persone benestanti, bianche e occidentali”, il cui fondamento teorico nasce nel 1798 con lo scritto di Thomas Robert Malthus “Saggio sul principio di popolazione”. È infatti in questo saggio che viene teorizzato il problema, non verificato, dell’uomo che si riproduce in maniera esponenziale, mettendo al rischio la sopravvivenza della stessa specie umana. 

Ma in realtà oggi il 50% più povero della popolazione mondiale (3,5 miliardi di persone) è responsabile di solo il 10% delle emissioni globali, mentre il 10% più ricco è responsabile del 50% delle emissioni. E la minaccia della crescita “esponenziale” della popolazione umana non ha alcun fondamento scientifico: al contrario, la crescita della popolazione è prevedibile grazie alle scienze statistiche e demografiche e non ha nulla di esponenziale, ma è invece stabile e lenta tempo. Secondo la letteratura scientifica più accreditata, nel 2100 saremo la terra avrà tra i 10 e gli 11 miliardi di abitanti umani, e la distribuzione per area geografica sarà diversa da oggi ma in gran parte prevedibile (per esempio, l’Italia avrà circa la metà degli abitanti che ha oggi).

Chi è “di troppo” nel mondo?

Oltre a queste considerazioni scientifiche, si possono sottolineare le implicazioni etiche. Portare la teoria del sovrappopolamento del mondo alle sue estreme conseguenze apre a degli esiti necessariamente razzisti ed eugenetici: chi sarebbe “di troppo”? Come fare a stabilire per quali popoli bisogna ridurre la popolazione (tramite, per esempio, il controllo delle nascite) e in quali no? Quale sarebbe il limite numerico di un popolo, e come si potrebbe vincolare al suo raggiungimento e mantenimento? 

Il vizio di fondo di queste teorie, prima di qualsiasi considerazione etica, sta nel procedere come se ciascun abitante del pianeta avesse la stessa possibilità di accesso alla stessa quantità di risorse, quando invece il problema è proprio la cattiva distribuzione delle risorse soprattutto a causa delle aree più ricche del mondo. Per esempio, nell’Africa Sub Sahariana il 37% della popolazione non ha accesso all’acqua, e il 65% della popolazione non ha accesso all’elettricità.

Il movimento internazionale Fridays for Future ha raccolto un’ampia rassegna stampa per spiegare a tutti sotto diversi aspetti che non siamo troppi nel mondo e che il cambiamento climatico non è un problema demografico: clicca qui per accedere.

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