La Sindone all’esame del microscopio

di Emanuela Marinelli, 29 marzo 2023

Ci siamo già chiesti se la Sindone sia vera o falsa, analizzato le corrispondenze con i Vangeliascoltato i pareri scientifici, e ne abbiamo parlato anche in un ebook che parla della storicità di Gesù; ora condividiamo questo articolo di Studi Cattolici dal titolo “Il Sacro Lino all’esame del microscopio”, in cui si descrivono degli ulteriori studi svolti sulla Sindone.

La Sindone e il test al carbonio smentito

Il mistero e il fascino della Sacra Sindone sono rimasti immutati nel corso dei secoli. Il venerato Lino, oggi conservato nel Duomo di Torino, è stato tramandato come la più preziosa delle reliquie: il lenzuolo funebre di Gesù. Ma un infelice test radio-carbonico nel 1988 collocava l'origine della Sindone nel Medioevo, tra il 1260 e il 1390. Quel verdetto è stato ampiamente criticato e smentito definitivamente in ambito scientifico; però di questo pochi sono a conoscenza, perché i mass-media, tanto solerti a diffondere le notizie contrarie all'autenticità della Sindone, divengono stranamente reticenti quando quelle notizie vengono autorevolmente sconfessate.

Quel telo, ormai è innegabile, ha avvolto il corpo di un uomo seviziato e ucciso proprio come i Vangeli ci descrivono. Chi può essere quel crocifisso, se non Cristo? Quale altro sventurato sarebbe stato sepolto in un lino così prezioso? Perché sarebbe stato conservato il lenzuolo funebre di un qualsiasi ladrone, che doveva finire in una fossa comune? Le risposte a queste domande sono scontate.

La prima foto fatta alla Sindone nel 1898 da Secondo Pia

Una svolta decisiva nel cammino delle indagini scientifiche sulla Sindone avvenne nel 1898, quando l'avvocato Secondo Pia fotografò con successo il prezioso lenzuolo. Il risultato fu superiore a ogni aspettativa: il volto e il corpo erano molto più evidenti e comprensibili nella lastra fotografica negativa che nella realtà. Furono così rivelate le particolari caratteristiche dell'immagine sindonica, che si comporta come un negativo fotografico. Le prime fotografie diedero l'avvio a numerose ricerche che miravano a sciogliere l'enigma della formazione di quell'impronta umana straordinaria.

Perché un falsario non può aver realizzato la Sindone

L'ipotesi della realizzazione da parte di un falsario artista si scontra soprattutto con una innegabile realtà: sulla Sindone è presente sangue che non è stato apposto artificialmente ma si è decalcato dalle ferite di un cadavere. Inoltre le fibrille non sono ingiallite sotto la patina rossa del sangue, che ha "protetto" la stoffa sottostante mentre si formava l'immagine. Il falsario avrebbe dovuto mettere prima il sangue nei punti opportuni e poi realizzare successivamente l'immagine senza alterare il sangue: operazione complicata e illogica anche nell'ipotesi di un falsario assassino.

L'aspetto dei rivoli presenti sulla Sindone è quello del sangue coagulato sulla pelle; solo in un secondo momento il contatto con il lenzuolo imbevuto di aromi ha potuto riammorbidirlo e farlo passare sul tessuto. L'uomo che fu avvolto nel lenzuolo vi era stato messo già morto e in stato di rigidità cadaverica.

Le osservazioni e le analisi hanno appurato che il colore giallo traslucido dell'immagine non è dovuto ad alcuna sostanza di apposizione: non ci sono pigmenti, colori, tinture o vernici. L'ingiallimento è dovuto a una degradazione della superficie esterna delle fibrille, che risulta ossidata e disidratata. Sul rovescio della stoffa l'immagine non è presente.

Cosa sono le informazioni tridimensionali della Sindone

Due fisici, John P. Jackson ed Eric J. Jumper, hanno scoperto che nell’impronta sindonica è codificata un'informazione tridimensionale. Essi misurarono con un analizzatore d'immagine VP8 le diverse intensità dei vari punti della figura umana e le misero in relazione con le presunte distanze corpo-lenzuolo. Successivamente trasformarono i valori ottenuti in rilievi verticali di diversa altezza, ottenendo una forma tridimensionale del corpo proporzionata e senza distorsione. Applicando lo stesso procedimento a un dipinto o una normale fotografia si ottengono invece immagini deformate. Dunque la Sindone deve essere stata a contatto con un corpo umano e la formazione dell'immagine è avvenuta in funzione della distanza tra il corpo e il lenzuolo che lo avvolgeva.

Secondo la teoria vaporografica, l'immagine sarebbe stata provocata dai vapori ammoniacali, formatisi per alterazione dell'urea contenuta nel sangue e nel sudore, che avrebbero impressionato la tela, cosparsa di aromi sensibili come l'aloe, in proporzione inversa alla distanza. Ma gli esperimenti relativi all'origine per vaporografia sono falliti. Senza dubbio un cadavere è stato in stretto contatto con il lenzuolo, come dimostra il decalco del sangue sulla stoffa; la difficoltà è riuscire a spiegare il trasferimento dell'immagine, dal momento che non si riescono a riprodurre le sue gradazioni di intensità e la sua estrema superficialità.

La Sindone ha origine luminosa? Ecco la conferma

Già nel 1930 si era affacciata l'ipotesi, proposta da Natale Noguier de Malijay, professore di Fisica e Chimica, che l'impronta sulla Sindone potesse essere stata provocata da una "irradiazione fotofulgorale" causata dalla risurrezione di Cristo. Molti altri studiosi hanno sviluppato questa teoria, ma solo con gli esperimenti condotti da un gruppo di fisici presso l'Enea di Frascati (Roma) si è potuto confermare che l'immagine sindonica ha caratteristiche riproducibili con una potente radiazione luminosa. Alcune stoffe di lino sono state irradiate con un laser a eccimeri, che emette una radiazione ultravioletta ad alta intensità. I risultati, confrontati con l'immagine sindonica, mostrano interessanti analogie: la colorazione è simile ed è limitata alla parte superficiale del tessuto. Viene così confermata la possibilità che l'immagine sindonica sia stata provocata da una radiazione ultravioletta direzionale.
 

Ideatore e coordinatore di questi esperimenti è stato il fisico Giuseppe Baldacchini, che a questo riguardo ha dichiarato: «Sono necessari impulsi di luce ultravioletta molto dura, di durata inferiore a cento miliardesimi di secondo e con potenze di almeno qualche centinaio di megawatt, ma non troppo di più. Quindi siamo in presenza di processi a soglia e a finestra di tipo foto-chimico e non fototermico, che invece inducono bruciature. Con una serie di ragionamenti logici e di fatti sperimentali e storici è possibile dimostrare, al di là di ogni ragionevole dubbio, che la Sindone è stata realmente il lenzuolo funebre utilizzato per coprire il cadavere di Gesù Cristo circa 2000 anni fa, dopo essere stato flagellato e crocifisso in Gerusalemme, come è stato descritto nei Vangeli. Rimane però da scoprire come sia stata creata l'immagine corporea sul lenzuolo funebre e come abbia fatto il corpo di Gesù a uscire dalla tomba e in particolare dalla Sindone, che al mattino dopo la risurrezione era semplicemente distesa (afflosciata) sulla pietra del sepolcro. Le nostre misure ci dicono che una esplosione di energia radiante è compatibile con la formazione dell'immagine corporea».

La Sindone ha 2000 anni

La Sindone si presenta dunque come il lenzuolo funebre della sepoltura di Cristo e le analisi condotte direttamente sulla stoffa ne confermano l'autenticità. Fra le voci autorevoli che sostengono l'originalità del Telo come tessuto di duemila anni fa, va sottolineato quanto affermato dall' esperta tessile Mechthild Flury-Lemberg: «La tecnica di realizzazione della stoffa di lino della Sindone di Torino non mostra, né dal punto di vista del tessuto, né da quello dalla cucitura, alcun dettaglio che possa testimoniare contro la sua originalità quale prodotto di alto valore di una manifattura del primo secolo dopo Cristo».

La biblista Maria Luisa Rigato ritiene che la Sindone possa essere un lino pregiato, disponibile presso il Tempio di Gerusalemme, usato per la sepoltura "regale" di Gesù. Tessuti di bisso, ovvero di lino finissimo, erano reperibili nel Santuario per le necessità delle vesti del leviti sacerdoti e per i velari. Queste preziose stoffe provenivano anche dall'India. È interessante l’identificazione su campioni sindonici di DNA tipico delle popolazioni dell’India, a conferma della possibile origine indiana del lenzuolo. Sono sorprendenti le proporzioni dei diversi tipi di DNA: i lignaggi umani più abbondanti, pari a 55,6% sono del Vicino Oriente; i lignaggi umani tipicamente diffusi nell’Europa occidentale sono rappresentati da meno del 5,6%; i gruppi etnici dell’India sono pari al 38,7%.

I pollini non europei ritrovati sulla Sindone ne confermano la storia

La provenienza mediorientale della Sindone è nota da molti anni per la presenza di aragonite analoga a quella rinvenuta in una tomba a Gerusalemme e di pollini non europei, trovati da Max Frei Sulzer, fondatore e direttore del servizio scientifico della polizia di Zurigo.

Le specie identificate da Frei sulla Sindone sono 58 ed è veramente sorprendente l'abbondanza di quelle non europee: infatti 38 non esistono in Europa, e tra esse 17 sono tipiche e frequenti a Gerusalemme e dintorni mentre 13 sono alofite molto caratteristiche o esclusive del Negev e della zona del Mar Morto. È da sottolineare l'importanza della presenza sulla Sindone dello Zygpphillum dumosum, che cresce solo da Gerusalemme verso sud in Israele, in una parte della Giordania e al Sinai. Il fatto che il numero delle specie palestinesi superi di gran lunga quello delle specie europee non può essere fortuito. Sono state rinvenute sulla Sindone anche tre specie non esistenti in Europa né a Gerusalemme. Due di esse sono presenti a Urfa (Edessa), e una a Istanbul (Costantinopoli), due località della Turchia menzionate nella storia antica della reliquia.

Sulla Sindone c’è la traccia di costosi balsami antichi

Un nuovo studio dei pollini presenti sulla Sindone è stato condotto da Marzia Boi, palinologa, ricercatrice all’Università delle Isole Baleari. Analizzando la lista dei pollini trovati sulla Sindone da Frei e osservando le fotografie da lui pubblicate, la Boi ha notato la presenza delle piante più usate per realizzare costosi balsami, che venivano impiegati negli antichi riti funerari del Medio Oriente. I pollini più abbondanti sulla Sindone sono quelli di Helichrysum, Cistus e Cistaceae, Ferula e Pistacia. Questo indica che la Sindone tu trattata con olio di Helichrysum, resine di laudano (Cistus), olio di Cistaceae, olio di lentisco (Pistacia), terebinto e galbano aromatico (Ferula), o che e stata in contatto con essi in un momento del rituale funebre. Scrive la Boi: «I pollini riconosciuti nella Sindone di Torino possono ben chiarire il rituale funebre applicato al corpo avvolto, come testimoni e descrittori dell'ambiente e delle pratiche proprie di quel tempo. Considerando che parte del corpo e il telo funebre sono stati trattati con oli e unguenti, secondo il rituale e la preparazione degli ebrei di 2000 anni fa, è possibile che questi prodotti grassi abbiano consentito che i pollini, come tracce invisibili, persistessero e rimanessero attaccati al tessuto fino a oggi».

«Possiamo affermare», conclude la Boi, «che il tessuto e, verosimilmente, il corpo avvolto, sono stati trattati con l'onore di un re. Il polline rivela anche l'unzione di parti del corpo e della Sindone con l'olio di Helichrysum, che è simbolo di immortalità, oltre che conservante del tessuto e del corpo».

Pierluigi Baima Bollone, direttore dell'Istituto di Medicina Legale dell'Università di Torino, ha identificato alcune particelle di aloe e mirra, soprattutto nelle zone macchiate di sangue . Anche gli esami condotti nella zona dei piedi sono risultati molto interessanti.

Nelle fotografie a forte ingrandimento, scattate nel 1978 dal fotografo americano Vernon Miller, in corrispondenza a uno dei talloni si può osservare che il tessuto ha un aspetto sporco. Sui fili ci sono eccezionali quantità di polvere, come è logico per una persona che ha camminato a piedi nudi lungo la strada. E stato trovato terriccio anche alle ginocchia e sulla punta del naso, a causa delle cadute.

La Sindone è il quinto o primo Vangelo della Passione

La Sindone è un quinto Vangelo della Passione; anzi, come affermava il noto sindonologo mons. Giulio Ricci, e il primo Vangelo della Passione, perché ha avuto origine prima degli altri ed è scritto con il sangue stesso di Cristo. L'analisi medico-legale ha messo a confronto le modalità della flagellazione e della crocifissione romana, conosciute in base alle fonti, con quanto è possibile osservare sulla Sindone e cioè una serie di torture riconducibili proprio alle suddette pratiche. In particolare le ferite al capo dovute a una corona di spine, i traumi del volto, le tracce di una abbondante flagellazione eseguita con un flagrum romano, le abrasioni lasciate sulle spalle dalla trave orizzontale della croce (il patibulum), i segni delle cadute, i fori provocati dai chiodi ai polsi e ai piedi, il colpo di lancia al costato che documenta le cause della morte già avvenuta per infarto.

È certo che il corpo sia rimasto nel Telo solo poche ore, imprimendovi la sua straordinaria immagine. Tutti gli indizi raccolti nel raffronto tra i dati ricavati dalla Sindone e ciò che è descritto dai quattro Vangeli propendono per l'identificazione dell'Uomo della Sindone con Gesù. Il fragile lino ricorda la realtà della redenzione con il crudo linguaggio delle lesioni e delle tumefazioni. Il fascino di quel corpo martoriato ma composto, di quel volto tumefatto ma sereno, costringe a meditare sul destino dell'uomo.

L'unica risposta al dramma del dolore e della morte è stata per poche ore avvolta in un lenzuolo, lasciandovi una traccia misteriosa. Quella risposta è l'Uomo-Dio che ha accettato la morte ma l'ha vinta. La Sindone è rimasta come un dono, testimone tangibile dell'evento che ha cambiato la storia. Davvero, come affermò san Giovanni Paolo I, è un testimone muto ma singolarmente eloquente.

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