I dati sull'omofobia in Italia. Un'emergenza?

Raffaele Buscemi, 5 febbraio 2014

Quando si parla di omofobia in Italia si ha l'impressione di parlare di un argomento abbastanza vago.  Ma parlando di discriminazioni sessuali bisognerebbe fare alcune domande per capirci qualcosa: queste risultano in aumento? E di quanto? C’è forse, in Italia, un allarme omofobia reale e non mediatico, un dilagare di aggressioni e pestaggi ai danni di cittadini non eterosessuali? A queste banali domande  non si risponde mai, dando per scontato che la lotta all’omofobia costituisca una priorità irrinunciabile, quanto generica, per il Paese.

Se prendiamo in considerazione le aggressioni fisiche, così come fa osservare il sito del UCCR, recentemente  l’Oscad, l’Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori istituito presso il Dipartimento di Pubblica Sicurezza del Ministero dell’Interno, ha rilevato che in più di 3 anni di attività sono pervenute 28 segnalazioni, all’anno, di discriminazione omofoba (solo segnalazioni, non verificate, seppur anche un solo atto di violenza sarebbe comunque troppo). Inoltre, come avevamo notato qualche tempo fa, il centro di ricerche Pew Research ha collocato l’Italia tra i Paesi del globo aventi i maggiori tassi di accettazione dell’omosessualità, poco sotto la Francia e sopra gli Stati Uniti.

Sempre sul sito del UCCR si è presa in esempio una notizia che ha avuto molto spazio sui media italiani: il calciatore tedesco Thomas Hitzlsperger, che ha giocato anche in Italia, ha fatto il cosiddetto “coming out”, dichiarando pubblicamente il suo essere omosessuale e aggiungendo che «essere omosessuali in Italia non è un problema, nemmeno negli spogliatoi».

Da dove arrivano quindi i numeri e le affermazioni che vengono normalmente usati per sottolineare una emergenza omofobia in Italia?  Ultimamente, per esempio, si cita  l’ultimo rapporto Ilga – International Lesbian and Gay Association – nel quale leggiamo che in Italia il 73% delle persone omosessuali e transgender sarebbe stata vittima di discriminazione. Certamente un dato importante, ma a sua volta derivato da un altro rapporto, denominato “NISO project" redatto sulla base di questionari, costati 370mila euro di soldi pubblici .  I questionari, che era possibile compilare più volte anche dalla stessa persona, sono stati consegnati e raccolti anche ad eventi quali il Roma Gay Village e non sulla base di un campionamento rappresentativo della popolazione italiana.


La questione fondamentale sull'omofobia resta essenzialmente una. Finché si considererà omofobia e violenza la semplice asserzione di opinioni, quale ad per esempio, "un bambino ha diritto a un padre e una madre" non ci saranno grandi margini per parlare di questo tema. Per quanto riguarda la legge contro l'omofobia, come scrive Piero Ostellino, «non c’è bisogno di una legge contro l’omofobia, e impegnarne il Parlamento è un anacronismo persino ridicolo e pericoloso. La smania iper legislativista non realizza la democrazia, ma ne è la patologia che distrugge le libertà liberali». La legge, d'altronde, punisce già le aggressioni fisiche nei confronti dei cittadini così come la Costituzione, all'articolo 3, già esclude la discriminazione per ragioni di sesso, oltre che religiose, politiche e sociali.

 

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