
Per la medicina e la biologia la scoperta di Shinya Yamanaka equivale ad una vera e propria rivoluzione, poiché essa accende la nostra speranza di curare diverse gravi patologie. La grande sfida di Yamanaka, nato ad Osaka nel 1962, laureatosi all'Università di Kobe, successivamente ricercatore negli Stati Uniti e che attualmente insegna all'Università di Kyoto, è stata quella di utilizzare delle tecniche di riprogrammazione e rimaneggiamento genico, tali da trasformare cellule adulte che si differenziano a seconda degli organi dai quali provengono, allo stato di cellule immature, indifferenziate e, dunque, di possibile riutilizzazione in diverse parti del corpo umano. L’utilizzo terapeutico delle cellule staminali è stato contraddistinto da alcune tappe: dall’iniziale sviluppo degli studi sull’impiego delle cellule staminali adulte, si è giunti alla generazione di cellule staminali ricombinanti aventi le caratteristiche di cellule pluripotenti o totipotenti, capaci di dare origine a diversi tipi di tessuti. Da più di trent’anni si pensava che le cellule staminali di un determinato organo potessero dare origine solo a cellule proprie di quello specifico tessuto. La scoperta della riprogrammazione cellulare e delle cellule pluripotenti indotte (Ips) annunciata nel 2006 da Yamanaka ha rivoluzionato la ricerca in questo campo.
“Etiche” perché non implicano la distruzione di embrioni
Il cambiamento di prospettiva è avvenuto con numerose pubblicazioni di altissimo profilo e lo sviluppo di nuovi modelli, teorie e potenziali applicazioni terapeutiche inimmaginabili sino a sei anni fa. La comunità scientifica internazionale ha visto nella scoperta un’importante strada per riprogrammare le cellule staminali adulte e farle retrocedere allo stato embrionale, il che permette di non usare più le staminali embrionali che comportano l’uccisione dell’embrione umano.
Sulla scia del lavoro di Yamanaka si aprono nuove aree di sperimentazione in diversi campi medici, come ad esempio nella chirurgia ortopedica, in quella maxillo-facciale, nella rigenerazione tissutale e nella cardiochirurgia. Molti degli esperimenti non vengono ancora fatti sull’uomo e questo passaggio risulta molto complesso sia per quanto riguarda i tempi che per i problemi di natura etica che si possono incontrare.
Altre strade di ricerca
Esiste oggi la possibilità di utilizzare fonti alternative di cellule staminali come le cellule tratte dal cordone ombelicale, valida risorsa di cellule che si rinnovano autonomamente e si differenziano in diversi tipi di cellule specializzate, senza rischio per i donatori e con una bassa probabilità di trasmettere infezioni. Il trapianto di cellule del cordone ombelicale si è dimostrato efficace anche in patologie che colpiscono i bambini, come l’immunodeficienza primaria, causata da difetti ereditati nel sistema immunitario che porta all’incremento della suscettibilità alle infezioni o alle emoglobinopatie dovute a disordini ereditari dei singoli geni che possono produrre emoglobine anormali e conseguentemente anemia, come ad esempio la talassemia e l’anemia di Fanconi.
D’altro canto il processo messo a punto da Yamanaka ci offre la possibilità concreta di prelevare delle cellule dalla nostra pelle e ricondurle allo stadio di staminali embrionali. Da queste è possibile poi ottenere numerose cellule dell’organismo. Le cellule mantengono lo stesso patrimonio genetico della persona da cui sono state prelevate prima della riprogrammazione evitando problematiche di rigetto.
Ricerche rispettose della dignità della persona
Si rende ancora necessario continuare gli studi per giungere ad una maggiore comprensione dei meccanismi di crescita ed interazione delle cellule, allo scopo di ottenere dei miglioramenti nella pratica clinica. Con queste nuove scoperte si amplia il limite della ricerca nel campo delle cellule staminali e questo può aprire delle nuove problematiche che lo stesso Yamanaka si pone. L’attuale obiettivo della ricerca di Yamanaka è quello di intraprendere delle applicazioni sull’uomo con il supporto di esperti su tematiche etiche volte al rispetto dell’unicità della persona e quindi alla tutela della dignità dell’embrione come recentemente ribadito dalla Corte di Strasburgo. Il divieto di manipolazione della vita nascente non solo protegge la dignità della persona, ma apre nuove strade alla ricerca. È indispensabile a questo punto tenere vivo il dibattito sui parametri etici relativi a queste sperimentazioni che possono coinvolgere la persona umana anche quando è solo in embrione, ma contiene già in sé una vita futura.