Quando l’omofobia fa notizia

di Giovanni Vassallo, 7 dicembre 2012

Il 20 novembre scorso si è ucciso a Roma Andrea Spezzacatena, studente quindicenne del liceo Cavour.
Di fronte a questa delicata tragedia alcuni media hanno riferito la notizia che la causa del suicidio sarebbero stati gli insulti che riceveva dai suoi compagni di scuola, che lo prendevano in giro per la sua omosessualità.
Il portavoce dell’associazione omosessuale Gay Center, Fabrizio Marrazzo, ha dichiarato "A quanto pare il ragazzo era gay, cosa nota ai suoi amici e anche ad altri che lo prendevano in giro. Chiediamo che venga fatta luce sulle ragioni del suicidio. E se tra queste ci sono forme di discriminazione per la sua dichiarata omosessualità".

Su un articolo di Repubblica si riferisce la vicenda con frasi come “C'è chi dice che alcuni di loro [compagni di scuola] si siano sentiti in colpa per qualche battuta di troppo […] Pare che anche una professoressa gli avesse detto che non era il caso […].”
La vicenda, catalogata come un episodio di omofobia, si è ingigantita fino a manifestazioni come la fiaccolata che si è tenuta a Roma e una dichiarazione del Presidente della Repubblica Napolitano.

Ma come stanno veramente le cose?
Viste le dimensioni che aveva raggiunto la notizia, la preside dell’istituto, Tecla Sannino, si è sentita in dovere di intervenire affermando che la “vicenda privata” dell’alunno «è stata solo oggetto di strumentalizzazioni» e indicando come «inopportune le reazioni da parte di alcune associazioni culturali, come la fiaccolata in difesa dei gay oggetto di violenze organizzata dal Circolo Mario Mieli».
Agli articoli dei giornali hanno reagito anche i compagni di classe che hanno indirizzato ai direttori la seguente lettera: 

Ai direttori dei giornali.

Scriviamo questa lettera di formale protesta per smentire ciò che è stato pubblicato nell’edizione dei quotidiani nel giorno 22/11/2012 riguardo al suicidio di un nostro compagno di classe. Noi, gli amici, abbiamo sempre rispettato e stimato la personalità e l’originalità che erano il suo punto di forza. Non era omosessuale, tanto meno dichiarato, innamorato di una ragazza dall’inizio del liceo. Lo smalto e i vestiti rosa, di cui andava fiero, erano il suo modo di esprimersi. La pagina facebook, dove erano pubblicate citazioni di Andrea, era stata creata per incorniciare momenti felici perché Andrea era così: portava il sorriso ovunque andasse; peraltro “la pagina aperta contro di lui da chi lo aveva preso di mira” (citazione dal Messaggero) è un’accusa non fondata.
I professori hanno sempre rispettato il proprio ruolo e non hanno mai espresso giudizi sulla sua persona. Il Cavour non è mai stato un liceo omofobo in quanto fino a quando i fondi sono stati sufficienti, alcune classi hanno preso parte ad un progetto sulla sessualità organizzato dalla ASL e approvato dal collegio docenti.
Inoltre non si sono verificati episodi manifesti di bullismo nell’istituto negli ultimi anni.
Esprimiamo rammarico per la diffusione di notizie false e desideriamo che non si speculi sul nostro dolore.

Una seconda lettera è stata inviata da insegnanti, genitori e studenti della scuola:

Noi insegnanti, amici, compagni di classe e genitori che hanno conosciuto e voluto bene ad Andrea, vogliamo dire che, all’irreparabile dolore per la sua morte tragica, si unisce un ulteriore motivo di sofferenza, legato al modo in cui la tragedia viene ricostruita, stravolgendo l’immagine di Andrea.
Andrea era un ragazzo molto più complesso e sfaccettato del profilo che ne viene dipinto: era ironico e autoironico, quindi capace di dare le giuste dimensioni anche alle prese in giro alle quali lo esponeva il suo carattere estroso e originale (e anche il suo gusto per il paradosso e il travestimento, che nelle ricostruzioni giornalistiche è stato confuso con una inesistente omosessualità); era curioso e comunicativo, pieno di vita e creativo, apprezzato a scuola dagli insegnanti; soprattutto era molto amato da tantissimi amici e compagni. Probabilmente nascondeva dietro un’immagine allegra e scanzonata una sofferenza complicata e un profondo e non banale “male di vivere”.
Per questo crediamo che il modo migliore e più rispettoso per ricordarlo e continuare a volergli bene sia quello di lasciare la sua morte al silenzio, alla riflessione e all’affetto di chi gli è stato vicino.


Alcuni insegnanti, genitori e compagni di classe

È interessante notare che tutti gli elementi su cui si basa la presunta omosessualità del ragazzo siano stati smentiti:
-  La madre esclude che il figlio fosse omosessuale (leggi)
Il modo di vestire stravagante del ragazzo, presunto segno di omosessualità, è stato motivato con una foto che ha circolato su internet che lo ritrae con parrucca e rossetto da donna. La foto in realtà risale a una festa di carnevale.
Ai funerali, la famiglia di Andrea non ha voluto che fossero presenti i leader delle associazioni Lgtb.

Di fatto non è la prima volta che si cerca di dare risonanza mediatica a presunti caso di omofobia che poi si rivelano infondati. Nell’agosto del 2012 (leggi) un ragazzo che aveva denunciato di aver subito violenze dettate da omofobia ammise di essersi fatto male da solo e la polizia ricevette il video con le immagini.

Qualcosa di simile era accaduto ad Alexandra Pennell, una ragazza diciannovenne lesbica che aveva dichiarato di aver ricevuto note di odio a causa del suo comportamento sessuale. La polizia scoprì poi che era lei stessa l’autrice (leggi). O alla coppia di lesbiche che nel maggio 2012 ha denunciato alla polizia di aver trovato la scritta “Kill the Gay” sul loro garage, con tanto di corda da impiccagione; anche in quella occasione erano state le due donne a mettere in scena l’incidente (leggi).

Casi del genere fanno riflettere su quanto i media possano diventare manipolabili quando l'ansia da polemica fa dimenticare il controllo delle fonti e dell'attendibilità dell'informazione, favorendo certe precise strategie di comunicazione manipolatorie (ne abbiamo parlato qualche tempo fa)

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