Mistero della Sindone: fu un lampo di luce? I risultati di un'indagine

di Stefano Grossi Gondi, 20 febbraio 2012

Come si è formata l'immagine impressa sulla Sindone? Questa è la domanda-chiave sul misterioso telo conservato a Torino, alla quale ha cercato di dare risposta una équipe dell'Enea - Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile - con una indagine durata cinque anni, dal 2005 al 2010.
Tralasciando quindi la controversa questione sulla datazione della Sindone, gli scienziati dell'Enea hanno cercato di riprodurre su tessuti di lino una colorazione simile a quella dell'immagine corporea della Sindone, attraverso una serie di esperimenti documentati nel report finale.
Gli scienziati spiegano di aver abbandonato la strada dei metodi fisici e chimici, perché si sono rivelati inadatti (per la parzialità o insufficienza dei loro risultati) e hanno quindi deciso di irraggiare i tessuti di lino tramite impulsi laser eccimeri nell'ultravioletto e nel lontano ultravioletto.
Soltanto in questo modo, ad esempio, si riesce a riproporre una delle più peculiari caratteristiche dell'immagine sindonica: lo spessore di colorazione estremamente sottile, pari ad un quinto di millesimo di millimetro. Il loro risultato forse più importante è aver individuato alcuni processi fotochimici in grado di spiegare sia la colorazione superficiale, sia il fenomeno della colorazione latente. È possibile - affermano gli scienziati dell'Enea - che questi processi fotochimici abbiano contribuito alla formazione della immagine sulla Sindone.

Il know-how di una indagine del 1978
La ricerca svolta presso il Centro Enea di Frascati è partita dai risultati dell'ultima analisi in situ delle proprietà fisiche e chimiche dell'immagine corporea della Sindone, effettuata nel 1978 da un gruppo di 31 scienziati sotto l'egida dello Shroud of Turin Research Project. Ecco alcune delle conclusioni cui arrivarono questi scienziati:
- l'immagine non è dipinta, né stampata, né ottenuta tramite riscaldamento
- le macchie sono di sangue umano
- la colorazione dell'immagine risiede soltanto nella parte più esterna e superficiale delle fibrille che costituiscono i fili di tessuto del lino
- non c'è traccia di pigmenti
- l'immagine non si è formata dal contatto del lino con il corpo. Questa considerazione, unita ai due punti precedenti, rende estremamente improbabile ottenere una immagine simil-sindonica tramite metodi chimici a contatto, sia in un moderno laboratorio sia a maggior ragione da parte di un ipotetico falsario medievale
- non c'è immagine sotto le macchie di sangue. Ciò significa che le tracce di sangue si sono depositate prima dell'immagine, quindi l'immagine si formò in un momento successivo alla deposizione del cadavere.
- poiché le macchie di sangue hanno contorni definiti, senza sbavature, si può ipotizzare che il cadavere non fu asportato dal lenzuolo.
- la sfumatura del colore contiene informazioni tridimensionali del corpo
- mancano segni di putrefazione in corrispondenza degli orifizi, che si manifestano dopo circa 40 ore dalla morte. Quindi l'immagine non dipende dai gas di putrefazione e il cadavere non rimase nel lenzuolo per più di due giorni
- la colorazione è conseguenza di un processo di invecchiamento accelerato del lino

L'ipotesi studiata: un lampo di luce
L'équipe dell'Enea ha quindi seguito l'ipotesi che una forma di energia elettromagnetica (ad esempio un lampo di luce a corta lunghezza d'onda) incidente su un tessuto di lino possa avere i requisiti adatti a riprodurre le principali caratteristiche dell'immagine sindonica, quali la superficialità della colorazione, la sfumatura del colore, l'immagine anche nelle zone del corpo non a contatto con il telo e l'assenza di pigmenti sul telo.
Gli scienziati hanno effettuato i loro esperimenti tramite radiazione ultravioletta (UV) e poi tramite una radiazione a lunghezza d'onda ancora più corta, nello spettro del lontano ultravioletto (VUV) per ottenere una colorazione più simile a quella sindonica.

Risultati dell'indagine
- La Scienza non è ancora in grado di spiegare come si sia formata l'immagine corporea della Sindone
- L'ipotesi di un falsario medievale non è ragionevole
- La radiazione laser è uno strumento adatto a studiare in dettaglio i processi fisici e chimici che potrebbero essere alla base dell'immagine corporea della Sindone, indipendentemente dalla sorgente di radiazione (o energia) che può aver generato questa immagine
- L'immagine sindonica presenta alcune caratteristiche che non si è ancora riusciti a riprodurre. Ad esempio, la sfumatura dell'immagine è dovuta ad una diversa concentrazione di fibrille colorate gialle alternate a fibrille non colorate
- Impulsi di luce VUV della durata di alcuni nanosecondi sono capaci di colorare soltanto la parte più esterna del tessuto di lino, che è una delle caratteristiche dell'immagine sindonica più difficili da replicare, riprodurre la stessa tonalità di colore e l'assenza di fluorescenza
- Il processo di colorazione ottenuto è di tipo fotochimico, a bassa temperatura. È da escludere un processo di colorazione a temperature elevate
- Seguendo l'ipotesi di irraggiamenti laser - che non producono una colorazione visibile - esiste la possibilità che l'immagine della Sindone si sia resa visibile a distanza di anni dal momento in cui si è formata
- Non ci sono incompatibilità con la teoria (elaborata dallo scienziato Jackson) del corpo emettente luce: la luce VUV è compatibile con l'assenza di immagini laterali del corpo sulla Sindone, perché i fotoni VUV vengono assorbiti dall'aria e non riescono a colorare il lino quando è distante (come nel caso dei fianchi)
- La potenza totale della radiazione VUV richiesta per colorare istantaneamente la superficie di un lino corrispondente ad un corpo umano di statura media, è pari a 34mila miliardi di Watt, e non può essere riprodotta da nessuna sorgente di luce VUV costruita fino ad oggi (le più potenti reperibili sul mercato arrivano ad alcuni miliardi di Watt)