Femministe contro la maternità surrogata: «La madre non si cancella»

di Raffaele Buscemi, 3 dicembre 2015

Avevamo già parlato di una coalizione di associazioni femministe provenienti da tutta l’Europa che si era formata per portare alla Conferenza dell’AIA un documento molto dettagliato e altrettanto critico sulla pratica dell’utero in affitto e della maternità surrogata. 
Adesso, come riporta il blog "La 27° ora", è il turno delle femministe francesi di dire la loro sull'argomento di fronte alle crescenti domande di iscrizione allo stato civile dei bambini nati da madre surrogata in California, Russia, India o altrove. Il prossimo 2 febbraio all’Assemblea Nazionale si terrà un convegno per l’Abolizione universale della maternità surrogata («Assises pour l’Abolition universelle de la Gpa») cui parteciperanno ricercatori, parlamentari francesi ed europei, associazioni femministe. L’assise è stata lanciata da Sylviane Agacinski, voce storica del femminismo francese, impegnata da anni nella lotta contro la maternità surrogata con la sua associazione Corp (Collettivo per il rispetto della persona) e autrice del saggio Corps en miettes («Corpi sbriciolati», Flammarion).

Agacinski, che è docente all’Ecole des hautes études en sciences sociales, spiega:

«Non abbiamo a che fare con gesti individuali motivati dall’altruismo, ma con un mercato procreativo globalizzato nel quale i ventri sono affittati. È stupefacente, e contrario ai diritti della persona e al rispetto del suo corpo, il fatto che si osi trattare una donna come un mezzo di produzione di bambini. Per di più, l’uso delle donne come madri surrogate poggia su relazioni economiche sempre diseguali: i clienti, che appartengono alle classi sociali più agiate e ai Paesi più ricchi, comprano i servizi delle popolazioni più povere su un mercato neo-colonialista. Inoltre, ordinare un bambino e saldarne il prezzo alla nascita significa trattarlo come un prodotto fabbricato e non come una persona umana. Ma si tratta giuridicamente di una persona e non di una cosa (…) Fare della maternità un servizio remunerato è una maniera di comprare il corpo di donne disoccupate che presenta molte analogie con la prostituzione (…)».

Anche le femministe italiane si sono fatte sentire sul tema "utero in affitto". La prima a scendere in campo senza se e senza ma è stata Luisa Muraro, filosofa e fondatrice della Libreria delle donne di Milano,

«Non esiste un diritto di avere figli a tutti i costi, eppure ce lo vogliono far credere: finito il tempo delle grandi aggregazioni e dei partiti, è un nuovo modo di fare politica cercando consensi. L’utero in affitto si innesta in questa tendenza, anche se è nato prima, negli Usa, con gli effetti che sappiamo. È la strada attuale per lo sfruttamento del corpo delle donne».

Paola Tavella, giornalista e autrice di un libro contro le tecniche di procreazione assistita dal titolo Madri Selvagge, non ha molti dubbi:

«Io penso – dice – che un essere umano non si possa né vendere né comprare. Da un’indagine femminista indipendente su questa tematica viene fuori che l’80% delle donne che vengono affittate sono analfabete. In India si stanno muovendo per chiedere il divieto di questa pratica. Lì le donne vengono tenute nei capannoni, quando capiscono quello che sta succedendo scappano e le suocere, i mariti, le riportano indietro».

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