Papa Francesco, Benedetto XVI e la Dottrina sociale della Chiesa

a cura di Giovanni Tridente, 19 dicembre 2014

Dopo l’uscita della Evangelii Gaudium è nato un dibattito, soprattutto di matrice USA, sui temi economici trattati nell’esortazione apostolica. Qualcuno si è addirittura spinto a dire che Papa Francesco abbia posizioni che si discostano dalla Dottrina Sociale della Chiesa.

Allora per aiutare ciascuno a farsi un parere sul tema abbiamo pensato di mettere a confronto le frasi di Papa Francesco con due fonti fondamentali: il Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa e la Caritas in Veritate scritta da Benedetto XVI.

Non è un lavoro definito né sistematico ma un semplice contributo divulgativo. A leggere questi documenti in parallelo si nota come il Papa si inserisca nel solco della dottrina sociale mantenendo allo stesso tempo la capacità di esprimersi in nuove forme e soprattutto di stimolare ogni cristiano a “fare qualcosa” in ambito socio-economico per risolvere i problemi urgenti, che poi è lo scopo dell’esortazione.

L’esortazione non è un documento sociale

Prima di procedere al confronto è utile rileggersi il punto 184 dell’esortazione in cui il Pontefice specifica che non si tratta di “un documento sociale, e per riflettere su quelle varie tematiche disponiamo di uno strumento molto adeguato nel Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, il cui uso e studio raccomando vivamente. Inoltre, né il Papa né la Chiesa posseggono il monopolio dell’interpretazione della realtà sociale o della proposta di soluzioni per i problemi contemporanei”.

Così come al punto 208 fa capire che il suo intento è di tipo pastorale: “Mi interessa unicamente fare in modo che quelli che sono schiavi di una mentalità individualista, indifferente ed egoista, possano liberarsi da quelle indegne catene e raggiungano uno stile di vita e di pensiero più umano, più nobile, più fecondo, che dia dignità al loro passaggio su questa terra”.
Ecco perciò di seguito alcuni temi “economici e sociali” trattati dall’esortazione posti accanto alle fonti della Dottrina Sociale della Chiesa.

Cultura dello scarto ed equità

Papa Francesco: Così come il comandamento “non uccidere” pone un limite chiaro per assicurare il valore della vita umana, oggi dobbiamo dire “no a un’economia dell’esclusione e della inequità”. Questa economia uccide. Non è possibile che non faccia notizia il fatto che muoia assiderato un anziano ridotto a vivere per strada, mentre lo sia il ribasso di due punti in borsa. Questo è esclusione. Non si può più tollerare il fatto che si getti il cibo, quando c’è gente che soffre la fame. Questo è inequità. Oggi tutto entra nel gioco della competitività e della legge del più forte, dove il potente mangia il più debole. Come conseguenza di questa situazione, grandi masse di popolazione si vedono escluse ed emarginate: senza lavoro, senza prospettive, senza vie di uscita. Si considera l’essere umano in se stesso come un bene di consumo, che si può usare e poi gettare. Abbiamo dato inizio alla cultura dello “scarto” che, addirittura, viene promossa. Non si tratta più semplicemente del fenomeno dello sfruttamento e dell’oppressione, ma di qualcosa di nuovo: con l’esclusione resta colpita, nella sua stessa radice, l’appartenenza alla società in cui si vive, dal momento che in essa non si sta nei bassifondi, nella periferia, o senza potere, bensì si sta fuori. Gli esclusi non sono “sfruttati” ma rifiuti, “avanzi”. (Evangelii Gaudium, 53).

Dottrina Sociale: Il principio della destinazione universale dei beni invita a coltivare una visione dell'economia ispirata a valori morali che permettano di non perdere mai di vista né l'origine, né la finalità di tali beni, in modo da realizzare un mondo equo e solidale, in cui la formazione della ricchezza possa assumere una funzione positiva. (Compendio Dottrina Sociale della Chiesa, 174).

Il benessere economico di un Paese non si misura esclusivamente sulla quantità di beni prodotti, ma anche tenendo conto del modo in cui essi vengono prodotti e del grado di equità nella distribuzione del reddito, che a tutti dovrebbe consentire di avere a disposizione ciò che serve allo sviluppo e al perfezionamento della propria persona. Un'equa distribuzione del reddito va perseguita sulla base di criteri non solo di giustizia commutativa, ma anche di giustizia sociale, considerando cioè, oltre al valore oggettivo delle prestazioni lavorative, la dignità umana dei soggetti che le compiono. Un benessere economico autentico si persegue anche attraverso adeguate politiche sociali di ridistribuzione del reddito che, tenendo conto delle condizioni generali, considerino opportunamente i meriti e i bisogni di ogni cittadino. (Compendio Dottrina Sociale della Chiesa, 303).

Le cause strutturali dell’inequità

Papa Francesco: La necessità di risolvere le cause strutturali della povertà non può attendere, non solo per una esigenza pragmatica di ottenere risultati e di ordinare la società, ma per guarirla da una malattia che la rende fragile e indegna e che potrà solo portarla a nuove crisi. I piani assistenziali, che fanno fronte ad alcune urgenze, si dovrebbero considerare solo come risposte provvisorie. Finché non si risolveranno radicalmente i problemi dei poveri, rinunciando all’autonomia assoluta dei mercati e della speculazione finanziaria e aggredendo le cause strutturali della inequità, non si risolveranno i problemi del mondo e in definitiva nessun problema. L’inequità è la radice dei mali sociali. (Evangelii Gaudium, 202).

Caritas in Veritate: Bisogna, poi, che la finanza in quanto tale, nelle necessariamente rinnovate strutture e modalità di funzionamento dopo il suo cattivo utilizzo che ha danneggiato l'economia reale, ritorni ad essere uno strumento finalizzato alla miglior produzione di ricchezza ed allo sviluppo. Tutta l'economia e tutta la finanza, non solo alcuni loro segmenti, devono, in quanto strumenti, essere utilizzati in modo etico così da creare le condizioni adeguate per lo sviluppo dell'uomo e dei popoli. È certamente utile, e in talune circostanze indispensabile, dar vita a iniziative finanziarie nelle quali la dimensione umanitaria sia dominante. Ciò, però, non deve far dimenticare che l'intero sistema finanziario deve essere finalizzato al sostegno di un vero sviluppo. Soprattutto, bisogna che l'intento di fare del bene non venga contrapposto a quello dell'effettiva capacità di produrre dei beni. Gli operatori della finanza devono riscoprire il fondamento propriamente etico della loro attività per non abusare di quegli strumenti sofisticati che possono servire per tradire i risparmiatori. (Caritas in Veritate, 65).

Il consumismo e la disparità sociale

Papa Francesco: I meccanismi dell’economia attuale promuovono un’esasperazione del consumo, ma risulta che il consumismo sfrenato, unito all’inequità, danneggia doppiamente il tessuto sociale. In tal modo la disparità sociale genera prima o poi una violenza che la corsa agli armamenti non risolve né risolverà mai. Essa serve solo a cercare di ingannare coloro che reclamano maggiore sicurezza, come se oggi non sapessimo che le armi e la repressione violenta, invece di apportare soluzioni, creano nuovi e peggiori conflitti. Alcuni semplicemente si compiacciono incolpando i poveri e i paesi poveri dei propri mali, con indebite generalizzazioni, e pretendono di trovare la soluzione in una “educazione” che li tranquillizzi e li trasformi in esseri addomesticati e inoffensivi. Questo diventa ancora più irritante se gli esclusi vedono crescere questo cancro sociale che è la corruzione profondamente radicata in molti Paesi – nei governi, nell’imprenditoria e nelle istituzioni – qualunque sia l’ideologia politica dei governanti. (Evangelii Gaudium, 60).

Dottrina Sociale: Il fenomeno del consumismo mantiene un persistente orientamento verso l'« avere » anziché verso l'« essere ». Esso impedisce di « distinguere correttamente le forme nuove e più elevate di soddisfacimento dei bisogni umani dai nuovi bisogni indotti, che ostacolano la formazione di una matura personalità ». Per contrastare questo fenomeno è necessario adoperarsi per costruire « stili di vita, nei quali la ricerca del vero, del bello e del buono e la comunione con gli altri uomini per una crescita comune siano gli elementi che determinano le scelte dei consumi, dei risparmi e degli investimenti ». È innegabile che le influenze del contesto sociale sugli stili di vita sono notevoli: per questo la sfida culturale, che oggi il consumismo pone, deve essere affrontata con maggiore incisività, soprattutto se si considerano le generazioni future, le quali rischiano di dover vivere in un ambiente naturale saccheggiato a causa di un consumo eccessivo e disordinato. (Compendio Dottrina Sociale della Chiesa, 360).

I Paesi ricchi hanno dimostrato di avere la capacità di creare benessere materiale, ma sovente a spese dell'uomo e delle fasce sociali più deboli: « non si può ignorare che le frontiere della ricchezza e della povertà attraversano al loro interno le stesse società sia sviluppate che in via di sviluppo. Difatti, come esistono diseguaglianze sociali fino a livello di miseria nei Paesi ricchi, così, parallelamente, nei Paesi meno sviluppati si vedono non di rado manifestazioni di egoismo e ostentazioni di ricchezza, tanto sconcertanti quanto scandalose ». (Compendio Dottrina Sociale della Chiesa, 374).

La povertà minaccia la pace sociale

Papa Francesco: Oggi da molte parti si reclama maggiore sicurezza. Ma fino a quando non si eliminano l’esclusione e l’inequità nella società e tra i diversi popoli sarà impossibile sradicare la violenza. Si accusano della violenza i poveri e le popolazioni più povere, ma, senza uguaglianza di opportunità, le diverse forme di aggressione e di guerra troveranno un terreno fertile che prima o poi provocherà l’esplosione. Quando la società – locale, nazionale o mondiale – abbandona nella periferia una parte di sé, non vi saranno programmi politici, né forze dell’ordine o di intelligence che possano assicurare illimitatamente la tranquillità. Ciò non accade soltanto perché l’inequità provoca la reazione violenta di quanti sono esclusi dal sistema, bensì perché il sistema sociale ed economico è ingiusto alla radice. Come il bene tende a comunicarsi, così il male a cui si acconsente, cioè l’ingiustizia, tende ad espandere la sua forza nociva e a scardinare silenziosamente le basi di qualsiasi sistema politico e sociale, per quanto solido possa apparire. Se ogni azione ha delle conseguenze, un male annidato nelle strutture di una società contiene sempre un potenziale di dissoluzione e di morte. È il male cristallizzato nelle strutture sociali ingiuste, a partire dal quale non ci si può attendere un futuro migliore. Siamo lontani dalla cosiddetta “fine della storia”, giacché le condizioni di uno sviluppo sostenibile e pacifico non sono ancora adeguatamente impiantate e realizzate. (Evangelii Gaudium, 59).

Caritas in Veritate: In molti Paesi poveri permane e rischia di accentuarsi l'estrema insicurezza di vita, che è conseguenza della carenza di alimentazione: la fame miete ancora moltissime vittime tra i tanti Lazzaro ai quali non è consentito, come aveva auspicato Paolo VI, di sedersi alla mensa del ricco epulone. Dare da mangiare agli affamati (cfr Mt 25, 35.37.42) è un imperativo etico per la Chiesa universale, che risponde agli insegnamenti di solidarietà e di condivisione del suo Fondatore, il Signore Gesù. Inoltre, eliminare la fame nel mondo è divenuto, nell'era della globalizzazione, anche un traguardo da perseguire per salvaguardare la pace e la stabilità del pianeta. La fame non dipende tanto da scarsità materiale, quanto piuttosto da scarsità di risorse sociali, la più importante delle quali è di natura istituzionale. Manca, cioè, un assetto di istituzioni economiche in grado sia di garantire un accesso al cibo e all'acqua regolare e adeguato dal punto di vista nutrizionale, sia di fronteggiare le necessità connesse con i bisogni primari e con le emergenze di vere e proprie crisi alimentari, provocate da cause naturali o dall'irresponsabilità politica nazionale e internazionale. (Caritas in Veritate, 27).

I limiti del mercato

Papa Francesco: In questo contesto, alcuni ancora difendono le teorie della “ricaduta favorevole”, che presuppongono che ogni crescita economica, favorita dal libero mercato, riesce a produrre di per sé una maggiore equità e inclusione sociale nel mondo. Questa opinione, che non è mai stata confermata dai fatti, esprime una fiducia grossolana e ingenua nella bontà di coloro che detengono il potere economico e nei meccanismi sacralizzati del sistema economico imperante. Nel frattempo, gli esclusi continuano ad aspettare. Per poter sostenere uno stile di vita che esclude gli altri, o per potersi entusiasmare con questo ideale egoistico, si è sviluppata una globalizzazione dell’indifferenza. Quasi senza accorgercene, diventiamo incapaci di provare compassione dinanzi al grido di dolore degli altri, non piangiamo più davanti al dramma degli altri né ci interessa curarci di loro, come se tutto fosse una responsabilità a noi estranea che non ci compete. La cultura del benessere ci anestetizza e perdiamo la calma se il mercato offre qualcosa che non abbiamo ancora comprato, mentre tutte queste vite stroncate per mancanza di possibilità ci sembrano un mero spettacolo che non ci turba in alcun modo. (Evangelii Gaudium, 54).

Dottrina Sociale: Il libero mercato non può essere giudicato prescindendo dai fini che persegue e dai valori che trasmette a livello sociale. Il mercato, infatti, non può trovare in se stesso il principio della propria legittimazione. Spetta alla coscienza individuale e alla responsabilità pubblica stabilire un giusto rapporto tra mezzi e fini. L'utile individuale dell'operatore economico, sebbene legittimo, non deve mai diventare l'unico obiettivo. Accanto ad esso, ne esiste un altro, altrettanto fondamentale e superiore, quello dell'utilità sociale, che deve trovare realizzazione non in contrasto, ma in coerenza con la logica di mercato. Quando svolge le importanti funzioni sopra ricordate, il libero mercato diventa funzionale al bene comune e allo sviluppo integrale dell'uomo, mentre l'inversione del rapporto tra mezzi e fini può farlo degenerare in una istituzione disumana e alienante, con ripercussioni incontrollabili. (Compendio Dottrina Sociale della Chiesa, 348).

Di fronte al concreto rischio di un'« idolatria » del mercato, la dottrina sociale della Chiesa ne sottolinea il limite, facilmente rilevabile nella sua constatata incapacità di soddisfare esigenze umane importanti, per le quali c'è bisogno di beni che, « per loro natura, non sono né possono essere semplici merci », beni non negoziabili secondo la regola dello « scambio di equivalenti » e la logica del contratto, tipiche del mercato. (Compendio Dottrina Sociale della Chiesa, 349).

L’idolo del denaro

Papa Francesco: Una delle cause di questa situazione si trova nella relazione che abbiamo stabilito con il denaro, poiché accettiamo pacificamente il suo predomino su di noi e sulle nostre società. La crisi finanziaria che attraversiamo ci fa dimenticare che alla sua origine vi è una profonda crisi antropologica: la negazione del primato dell’essere umano! Abbiamo creato nuovi idoli. L’adorazione dell’antico vitello d’oro (cfr Es 32,1-35) ha trovato una nuova e spietata versione nel feticismo del denaro e nella dittatura di una economia senza volto e senza uno scopo veramente umano. La crisi mondiale che investe la finanza e l’economia manifesta i propri squilibri e, soprattutto, la grave mancanza di un orientamento antropologico che riduce l’essere umano ad uno solo dei suoi bisogni: il consumo. (Evangelii Gaudium, 55).

Dottrina Sociale: Il nostro tempo richiede un'intensa attività educativa e un corrispondente impegno da parte di tutti, affinché la ricerca della verità, non riconducibile all'insieme o a qualcuna delle diverse opinioni, sia promossa in ogni ambito, e prevalga su ogni tentativo di relativizzarne le esigenze o di recarle offesa. È una questione che investe in modo particolare il mondo della comunicazione pubblica e quello dell'economia. In essi, l'uso spregiudicato del denaro fa emergere degli interrogativi sempre più pressanti, che rimandano necessariamente a un bisogno di trasparenza e di onestà nell'agire, personale e sociale. (Compendio Dottrina Sociale della Chiesa, 198).

I beni, anche se legittimamente posseduti, mantengono sempre una destinazione universale; è immorale ogni forma di indebita accumulazione, perché in aperto contrasto con la destinazione universale assegnata da Dio Creatore a tutti i beni. La salvezza cristiana, infatti, è una liberazione integrale dell'uomo, liberazione dal bisogno, ma anche rispetto al possesso stesso: « L'attaccamento al denaro infatti è la radice di tutti i mali; per il suo sfrenato desiderio alcuni hanno deviato dalla fede » (1 Tm 6,10). I Padri della Chiesa insistono sulla necessità della conversione e della trasformazione delle coscienze dei credenti, più che su esigenze di cambiamento delle strutture sociali e politiche del loro tempo, sollecitando chi svolge un'attività economica e possiede beni a considerarsi amministratore di quanto Dio gli ha affidato. (Compendio Dottrina Sociale della Chiesa, 328).

L’attenzione ai poveri e la solidarietà

Papa Francesco: Una riforma finanziaria che non ignori l’etica richiederebbe un vigoroso cambio di atteggiamento da parte dei dirigenti politici, che esorto ad affrontare questa sfida con determinazione e con lungimiranza, senza ignorare, naturalmente, la specificità di ogni contesto. Il denaro deve servire e non governare! Il Papa ama tutti, ricchi e poveri, ma ha l’obbligo, in nome di Cristo, di ricordare che i ricchi devono aiutare i poveri, rispettarli e promuoverli. Vi esorto alla solidarietà disinteressata e ad un ritorno dell’economia e della finanza ad un’etica in favore dell’essere umano. (Evangelii Gaudium, 58).

Dottrina Sociale: Il continuo deterioramento nei termini di scambio delle materie prime e l'aggravarsi del divario tra Paesi ricchi e poveri ha spinto il Magistero a richiamare l'importanza dei criteri etici che dovrebbero orientare le relazioni economiche internazionali: il perseguimento del bene comune e la destinazione universale dei beni; l'equità nelle relazioni commerciali; l'attenzione ai diritti e ai bisogni dei più poveri nelle politiche commerciali e di cooperazione internazionale. Diversamente, « i poveri restano ognora poveri, mentre i ricchi diventano sempre più ricchi ». (Compendio Dottrina Sociale della Chiesa, 364).

Le nuove relazioni di interdipendenza tra uomini e popoli, che sono, di fatto, forme di solidarietà, devono trasformarsi in relazioni tese ad una vera e propria solidarietà etico-sociale, che è l'esigenza morale insita in tutte le relazioni umane. La solidarietà si presenta, dunque, sotto due aspetti complementari: quello di principio sociale  e quello di virtù morale.

La solidarietà deve essere colta, innanzi tutto, nel suo valore di principio sociale ordinatore delle istituzioni, in base al quale le « strutture di peccato », che dominano i rapporti tra le persone e i popoli, devono essere superate e trasformate in strutture di solidarietà, mediante la creazione o l'opportuna modifica di leggi, regole del mercato, ordinamenti.

La solidarietà è anche una vera e propria virtù morale, non un « sentimento di vaga compassione o di superficiale intenerimento per i mali di tante persone, vicine o lontane. Al contrario, è la determinazione ferma e perseverante di impegnarsi per il bene comune: ossia per il bene di tutti e di ciascuno, perché tutti siamo veramente responsabili di tutti». 

La solidarietà assurge al rango di virtù sociale fondamentale poiché si colloca nella dimensione della giustizia, virtù orientata per eccellenza al bene comune, e nell'« impegno per il bene del prossimo con la disponibilità, in senso evangelico, a “perdersi” a favore dell'altro invece di sfruttarlo, e a “servirlo” invece di opprimerlo per il proprio tornaconto (cf. Mt 10,40-42; 20,25; Mc 10,42-45; Lc 22,25-27)». (Compendio Dottrina Sociale della Chiesa, 193).

Dignità e bene comune

Papa Francesco: La dignità di ogni persona umana e il bene comune sono questioni che dovrebbero strutturare tutta la politica economica, ma a volte sembrano appendici aggiunte dall’esterno per completare un discorso politico senza prospettive né programmi di vero sviluppo integrale. Quante parole sono diventate scomode per questo sistema! Dà fastidio che si parli di etica, dà fastidio che si parli di solidarietà mondiale, dà fastidio che si parli di distribuzione dei beni, dà fastidio che si parli di difendere i posti di lavoro, dà fastidio che si parli della dignità dei deboli, dà fastidio che si parli di un Dio che esige un impegno per la giustizia. Altre volte accade che queste parole diventino oggetto di una manipolazione opportunista che le disonora. La comoda indifferenza di fronte a queste questioni svuota la nostra vita e le nostre parole di ogni significato. La vocazione di un imprenditore è un nobile lavoro, sempre che si lasci interrogare da un significato più ampio della vita; questo gli permette di servire veramente il bene comune, con il suo sforzo di moltiplicare e rendere più accessibili per tutti i beni di questo mondo. (Evangelii Gaudium, 203).

Caritas in Veritate: Infine, la visione dello sviluppo come vocazione comporta la centralità in esso della carità. Paolo VI nell'Enciclica Populorum progressio osservava che le cause del sottosviluppo non sono primariamente di ordine materiale. Egli ci invitava a ricercarle in altre dimensioni dell'uomo. Nella volontà, prima di tutto, che spesso disattende i doveri della solidarietà. Nel pensiero, in secondo luogo, che non sempre sa orientare convenientemente il volere. Per questo, nel perseguimento dello sviluppo, servono «uomini di pensiero capaci di riflessione profonda, votati alla ricerca d'un umanesimo nuovo, che permetta all'uomo moderno di ritrovare se stesso». Ma non è tutto. Il sottosviluppo ha una causa ancora più importante della carenza di pensiero: è «la mancanza di fraternità tra gli uomini e tra i popoli». Questa fraternità, gli uomini potranno mai ottenerla da soli? La società sempre più globalizzata ci rende vicini, ma non ci rende fratelli. La ragione, da sola, è in grado di cogliere l'uguaglianza tra gli uomini e di stabilire una convivenza civica tra loro, ma non riesce a fondare la fraternità. Questa ha origine da una vocazione trascendente di Dio Padre, che ci ha amati per primo, insegnandoci per mezzo del Figlio che cosa sia la carità fraterna. Paolo VI, presentando i vari livelli del processo di sviluppo dell'uomo, poneva al vertice, dopo aver menzionato la fede, «l'unità nella carità del Cristo che ci chiama tutti a partecipare in qualità di figli alla vita del Dio vivente, Padre di tutti gli uomini». (Caritas in Veritate, 19).

Dimensione morale dell’economia

Papa Francesco: Dietro questo atteggiamento si nascondono il rifiuto dell’etica e il rifiuto di Dio. All’etica si guarda di solito con un certo disprezzo beffardo. La si considera controproducente, troppo umana, perché relativizza il denaro e il potere. La si avverte come una minaccia, poiché condanna la manipolazione e la degradazione della persona. In definitiva, l’etica rimanda a un Dio che attende una risposta impegnativa, che si pone al di fuori delle categorie del mercato. Per queste, se assolutizzate, Dio è incontrollabile, non manipolabile, persino pericoloso, in quanto chiama l’essere umano alla sua piena realizzazione e all’indipendenza da qualunque tipo di schiavitù. L’etica – un’etica non ideologizzata – consente di creare un equilibrio e un ordine sociale più umano. In tal senso, esorto gli esperti finanziari e i governanti dei vari Paesi a considerare le parole di un saggio dell’antichità: «Non condividere i propri beni con i poveri significa derubarli e privarli della vita. I beni che possediamo non sono nostri, ma loro». (Evangelii Gaudium, 57). 

Dottrina Sociale: La dimensione morale dell'economia fa cogliere come finalità inscindibili, anziché separate e alternative, l'efficienza economica e la promozione di uno sviluppo solidale dell'umanità. La morale, costitutiva della vita economica, non è né oppositiva, né neutrale: se ispirata alla giustizia e alla solidarietà, costituisce un fattore di efficienza sociale della stessa economia. È un dovere svolgere in maniera efficiente l'attività di produzione dei beni, altrimenti si sprecano risorse; ma non è accettabile una crescita economica ottenuta a discapito degli esseri umani, di interi popoli e gruppi sociali, condannati all'indigenza e all'esclusione. L'espansione della ricchezza, visibile nella disponibilità di beni e di servizi, e l'esigenza morale di una equa diffusione di questi ultimi devono stimolare l'uomo e la società nel suo insieme a praticare la virtù essenziale della solidarietà per combattere, nello spirito della giustizia e della carità, ovunque ne sia rivelata la presenza, quelle « strutture di peccato » che generano e mantengono povertà, sottosviluppo e degradazione. Tali strutture sono edificate e consolidate da molti atti concreti di egoismo umano. (Compendio Dottrina Sociale della Chiesa, 332).

Servono soluzioni nuove

Papa Francesco: Non possiamo più confidare nelle forze cieche e nella mano invisibile del mercato. La crescita in equità esige qualcosa di più della crescita economica, benché la presupponga, richiede decisioni, programmi, meccanismi e processi specificamente orientati a una migliore distribuzione delle entrate, alla creazione di opportunità di lavoro, a una promozione integrale dei poveri che superi il mero assistenzialismo. Lungi da me il proporre un populismo irresponsabile, ma l’economia non può più ricorrere a rimedi che sono un nuovo veleno, come quando si pretende di aumentare la redditività riducendo il mercato del lavoro e creando in tal modo nuovi esclusi. (Evangelii Gaudium, 204).

Caritas in Veritate: Le grandi novità, che il quadro dello sviluppo dei popoli oggi presenta, pongono in molti casi l'esigenza di soluzioni nuove. Esse vanno cercate insieme nel rispetto delle leggi proprie di ogni realtà e alla luce di una visione integrale dell'uomo, che rispecchi i vari aspetti della persona umana, contemplata con lo sguardo purificato dalla carità. Si scopriranno allora singolari convergenze e concrete possibilità di soluzione, senza rinunciare ad alcuna componente fondamentale della vita umana.

La dignità della persona e le esigenze della giustizia richiedono che, soprattutto oggi, le scelte economiche non facciano aumentare in modo eccessivo e moralmente inaccettabile le differenze di ricchezza e che si continui a perseguire quale priorità l'obiettivo dell'accesso al lavoro o del suo mantenimento, per tutti. A ben vedere, ciò è esigito anche dalla « ragione economica ». L'aumento sistemico delle ineguaglianze tra gruppi sociali all'interno di un medesimo Paese e tra le popolazioni dei vari Paesi, ossia l'aumento massiccio della povertà in senso relativo, non solamente tende a erodere la coesione sociale, e per questa via mette a rischio la democrazia, ma ha anche un impatto negativo sul piano economico, attraverso la progressiva erosione del « capitale sociale », ossia di quell'insieme di relazioni di fiducia, di affidabilità, di rispetto delle regole, indispensabili ad ogni convivenza civile. (Caritas in Veritate, 32).

Il primato della carità

Papa Francesco: Chiedo a Dio che cresca il numero di politici capaci di entrare in un autentico dialogo che si orienti efficacemente a sanare le radici profonde e non l’apparenza dei mali del nostro mondo! La politica, tanto denigrata, è una vocazione altissima, è una delle forme più preziose della carità, perché cerca il bene comune. Dobbiamo convincerci che la carità «è il principio non solo delle micro-relazioni: rapporti amicali, familiari, di piccolo gruppo, ma anche delle macro-relazioni: rapporti sociali, economici, politici». Prego il Signore che ci regali più politici che abbiano davvero a cuore la società, il popolo, la vita dei poveri! È indispensabile che i governanti e il potere finanziario alzino lo sguardo e amplino le loro prospettive, che facciano in modo che ci sia un lavoro degno, istruzione e assistenza sanitaria per tutti i cittadini. E perché non ricorrere a Dio affinché ispiri i loro piani? Sono convinto che a partire da un’apertura alla trascendenza potrebbe formarsi una nuova mentalità politica ed economica che aiuterebbe a superare la dicotomia assoluta tra l’economia e il bene comune sociale. (Evangelii Gaudium, 205).

Caritas in Veritate: Volere il bene comune e adoperarsi per esso è esigenza di giustizia e di carità. Impegnarsi per il bene comune è prendersi cura, da una parte, e avvalersi, dall'altra, di quel complesso di istituzioni che strutturano giuridicamente, civilmente, politicamente, culturalmente il vivere sociale, che in tal modo prende forma di pólis, di città. Si ama tanto più efficacemente il prossimo, quanto più ci si adopera per un bene comune rispondente anche ai suoi reali bisogni. Ogni cristiano è chiamato a questa carità, nel modo della sua vocazione e secondo le sue possibilità d'incidenza nella pólis. È questa la via istituzionale — possiamo anche dire politica — della carità, non meno qualificata e incisiva di quanto lo sia la carità che incontra il prossimo direttamente, fuori delle mediazioni istituzionali della pólis. Quando la carità lo anima, l'impegno per il bene comune ha una valenza superiore a quella dell'impegno soltanto secolare e politico. Come ogni impegno per la giustizia, esso s'inscrive in quella testimonianza della carità divina che, operando nel tempo, prepara l'eterno. L'azione dell'uomo sulla terra, quando è ispirata e sostenuta dalla carità, contribuisce all'edificazione di quella universale città di Dio verso cui avanza la storia della famiglia umana. In una società in via di globalizzazione, il bene comune e l'impegno per esso non possono non assumere le dimensioni dell'intera famiglia umana, vale a dire della comunità dei popoli e delle Nazioni, così da dare forma di unità e di pace alla città dell'uomo, e renderla in qualche misura anticipazione prefiguratrice della città senza barriere di Dio. (Caritas in Veritate, 32).

L’amore per i poveri

Papa Francesco: Qualsiasi comunità della Chiesa, nella misura in cui pretenda di stare tranquilla senza occuparsi creativamente e cooperare con efficacia affinché i poveri vivano con dignità e per l’inclusione di tutti, correrà anche il rischio della dissoluzione, benché parli di temi sociali o critichi i governi. Facilmente finirà per essere sommersa dalla mondanità spirituale, dissimulata con pratiche religiose, con riunioni infeconde o con discorsi vuoti. (Evangelii Gaudium, 207).

Dottrina Sociale: L'amore della Chiesa per i poveri si ispira al Vangelo delle beatitudini, alla povertà di Gesù e alla Sua attenzione per i poveri. Tale amore riguarda la povertà materiale e anche le numerose forme di povertà culturale e religiosa. La Chiesa, « fin dalle origini, malgrado l'infedeltà di molti dei suoi membri, non ha cessato di impegnarsi a sollevarli, a difenderli e a liberarli. Ciò ha fatto con innumerevoli opere di beneficenza, che rimangono sempre e dappertutto indispensabili ». Ispirata al precetto evangelico: « Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date » (Mt 10,8), la Chiesa insegna a soccorrere il prossimo nelle sue varie necessità e profonde nella comunità umana innumerevoli opere di misericordia corporali e spirituali: «Tra queste opere, fare l'elemosina ai poveri è una delle principali testimonianze della carità fraterna: è pure una pratica di giustizia che piace a Dio», anche se la pratica della carità non si riduce all'elemosina, ma implica l'attenzione alla dimensione sociale e politica del problema della povertà. Sul rapporto tra carità e giustizia ritorna costantemente l'insegnamento della Chiesa: «Quando doniamo ai poveri le cose indispensabili, non facciamo loro delle elargizioni personali, ma rendiamo loro ciò che è loro. Più che compiere un atto di carità, adempiamo un dovere di giustizia». I Padri Conciliari raccomandano fortemente che si compia tale dovere « perché non si offra come dono di carità ciò che è già dovuto a titolo di giustizia ». L'amore per i poveri è certamente « inconciliabile con lo smodato amore per le ricchezze o con il loro uso egoistico» (cfr. Gc 5,1-6). (Compendio Dottrina Sociale della Chiesa, 184).

Verso un’economia mondiale

Papa Francesco: L’economia, come indica la stessa parola, dovrebbe essere l’arte di raggiungere un’adeguata amministrazione della casa comune, che è il mondo intero. Ogni azione economica di una certa portata, messa in atto in una parte del pianeta, si ripercuote sul tutto; perciò nessun governo può agire al di fuori di una comune responsabilità. Di fatto, diventa sempre più difficile individuare soluzioni a livello locale per le enormi contraddizioni globali, per cui la politica locale si riempie di problemi da risolvere. Se realmente vogliamo raggiungere una sana economia mondiale, c’è bisogno in questa fase storica di un modo più efficiente di interazione che, fatta salva la sovranità delle nazioni, assicuri il benessere economico di tutti i Paesi e non solo di pochi. (Evangelii Gaudium, 206).

Caritas in Veritate: ...Anche l'autorità politica ha un significato plurivalente, che non può essere dimenticato, mentre si procede alla realizzazione di un nuovo ordine economico-produttivo, socialmente responsabile e a misura d'uomo. Come si intende coltivare un'imprenditorialità differenziata sul piano mondiale, così si deve promuovere un'autorità politica distribuita e attivantesi su più piani. L'economia integrata dei giorni nostri non elimina il ruolo degli Stati, piuttosto ne impegna i Governi ad una più forte collaborazione reciproca. Ragioni di saggezza e di prudenza suggeriscono di non proclamare troppo affrettatamente la fine dello Stato. In relazione alla soluzione della crisi attuale, il suo ruolo sembra destinato a crescere, riacquistando molte delle sue competenze. Ci sono poi delle Nazioni in cui la costruzione o ricostruzione dello Stato continua ad essere un elemento chiave del loro sviluppo. L'aiuto internazionale proprio all'interno di un progetto solidaristico mirato alla soluzione degli attuali problemi economici dovrebbe piuttosto sostenere il consolidamento di sistemi costituzionali, giuridici, amministrativi nei Paesi che non godono ancora pienamente di questi beni. Accanto agli aiuti economici, devono esserci quelli volti a rafforzare le garanzie proprie dello Stato di diritto, un sistema di ordine pubblico e di carcerazione efficiente nel rispetto dei diritti umani, istituzioni veramente democratiche. Non è necessario che lo Stato abbia dappertutto le medesime caratteristiche: il sostegno ai sistemi costituzionali deboli affinché si rafforzino può benissimo accompagnarsi con lo sviluppo di altri soggetti politici, di natura culturale, sociale, territoriale o religiosa, accanto allo Stato. L'articolazione dell'autorità politica a livello locale, nazionale e internazionale è, tra l'altro, una delle vie maestre per arrivare ad essere in grado di orientare la globalizzazione economica. È anche il modo per evitare che essa mini di fatto i fondamenti della democrazia. (Caritas in Veritate, 32).