Troppe fecondazioni assistite? Se lo chiedono gli scienziati

di Stefano Grossi Gondi, 26 marzo 2014

L'uso smodato della fecondazione assistita fa riflettere gli operatori del settore.  La rivista scientifica British Medical Journey ha lanciato il dibattito attraverso scienziati di Amsterdam, Aberdeen e Adelaide, (da noi ne ha riferito Avvenire) protagonisti con molti altri del baby-boom in provetta che dal 1978 al 2013 ha prodotto in tutto il mondo cinque milioni di bambini. 

Che non corrispondono a cinque milioni di casi di sterilità: un dato relativo all'Inghilterra dice ad esempio che nel 2011 soltanto il 12% delle donne che hanno ricorso alla fecondazione assistita erano sterili. Il British Medical Journey riporta un altro dato interessante: su un campione di 350 coppie che pianificano una prima gravidanza, il 95% la ottiene entro 24 mesi. Due anni: evidentemente troppi per chi invece vuole un figlio, e lo vuole subito.

L'aspetto scientifico si interseca quindi con le istanze sociali di una società consumistica, ma gli scienziati firmatari dell'articolo sul British Medical Journey offrono al dibattito il loro punto di vista: occorre andare avanti nella ricerca sulla sterilità e togliere il velo di silenzio sulla questione dei rischi della provetta (ad esempio c'è il 70% di rischio in più di malformazioni genetiche del bambino). Infine gli scienziati si chiedono il perché del diffondersi così ampio di questa pratica, e si danno questa risposta: «La fecondazione assistita è ormai diventata un’industria che crea enormi profitti, capace di dare valore ai soldi che riceve grazie all’immediato risultato offerto in cambio: le gravidanze. E questo è vero non solo per le cliniche private, ma anche per le istituzioni universitarie e pubbliche, che beneficiano economicamente del numero enorme di coppie che cercano la provetta».


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