Il Foglio, 26.9.2008
Esercizi di matematica nazisti degli anni ‘30
Esercizio di matematica: "Un malato mentale costa circa 4 marchi al giorno di degenza, uno storpio 5,50 marchi. In molti casi un impiegato capofamiglia ha meno di 3 marchi, un lavoratore non istruito neanche 2 marchi. Al costo di 4 marchi al giorno, quanto costano complessivamente ogni anno questi malati? Quanti assegni familiari di 600 marchi, senza considerare i rimborsi, potrebbero essere elargiti ogni anno con questo denaro?". Il calcolo è abbastanza semplice perché le domande sono contenute in un libro di esercizi di matematica per le scuole medie edito in Germania nel 1936. Sono gli anni in cui il regime nazista mette in atto il cosiddetto Aktion T4, un programma di "igiene razziale" rivolto a persone affette da malattie genetiche inguaribili o malformazioni fisiche. Niente a che vedere con la buona morte che propone l'eutanasia per il benessere e la dignità dei pazienti. Ma tant'è, vuoi per approssimazione o per eccesso di semplificazione, il T4 è passato alla storia come programma di eutanasia. Perché i ragionamenti dell'eugenetica nazista nascondevano medesimi principi, ma anche perché la parola non era nuova a metà degli anni '30.
Gli anni ’50: Pio XII e le cure ai malati terminali
Già nel 1907 il vocabolario della lingua francese aveva incluso tra i suoi lemmi il termine "euthanasie" per come lo conosciamo oggi e solo un anno prima il Parlamento dell'Ohio aveva bocciato un testo di legge in materia. Insomma la storia aveva già cominciato a muoversi da più punti lungo il cammino tragico della buona morte. E con lei anche la chiesa. Con il T4 di Hitler era stato l'eroico vescovo di Munster, Clemens August di Galen, a far sentire la sua voce combattiva e un po' isolata. E venne nominato cardinale da quel Pio XII cui si deve una delle prime dichiarazioni legate in modo esplicito al tema delle cure ai malati in procinto di morte. Era l'anno 1957 e incontrando i partecipanti al congresso della società italiana di anestesiologia Pacelli affrontò il tema della liceità della "soppressione del dolore e della coscienza mediante narcotici" anche per pazienti in procinto di morte e con il rischio di accorciargli così la vita. Fu una domanda e risposta secondo lo stile pontificio del tempo: "Voi ci domandate: ... bisogna rispondere...". E il Papa disse sì, "se non ci sono mezzi e, se nelle circostanze concrete ciò non impedisce l'adempimento di altri doveri morali e religiosi". Non aprì il vaso di pandora, non scatenò polemiche e dibattiti. Semplicemente a domanda rispose. Come la chiesa ha continuato a fare poi dopo.
Negli anni ’60 la Gaudium et Spes
Cosi accadde nel '65, quando il Vaticano il invocò con la Gaudium et spes il rispetto della persona umana contro "ogni specie di omicidio, il genocidio, l'aborto, l'eutanasia e lo stesso suicidio volontario". Solo due anni dopo fu coniata l'espressione "living will", il cosiddetto testamento biologico, segno che il tema stava emergendo sempre più. Stesso intreccio meno di dieci anni dopo: nel '73 nasce in Olanda la società per l'eutanasia volontaria e l'anno dopo esce sulla rivista The Umanist il cosiddetto manifesto sull'eutanasia che invita tutti a firmare le loro "ultime volontà". Negli Usa è l'Associazione degli ospedali cristiani a proporre il Christian affirmation of life: una sorta di risposta alle dichiarazioni pro eutanasia di The Humanist che di fatto ha aperto il dibattito pubblico ed ideologico sul tema.
Negli anni’80 la Dottrina della Fede ribadisce il no all’eutanasia
Il fatto che nel 1980 la Congregazione per la dottrina della fede pubblichi la Dichiarazione sull'eutanasia è un altro segnale. La Iura et bono nasce per rispondere alla domanda ormai diffusa se gli uomini "abbiano il diritto di procurare a se stessi o ai loro simili la 'morte dolce', che abbrevierebbe il dolore e sarebbe, ai loro occhi, più conforme alla dignità umana". Comincia con la definizione di eutanasia ed entra nel dettaglio come la chiesa non aveva mai fatto in modo così autorevole.
L’Accademia per la Vita e l’Evangelium Vitae negli anni ‘90
Verranno poi i paragrafi del catechismo del '92, l'istituzione dell'Accademia per la vita del '94, l'Evangelium vitae di Giovanni Paolo il che parla di "azione o omissione che di natura sua, o nelle intenzioni, procura la morte, allo scopo di eliminare ogni dolore. L'eutanasia si situa, dunque, al livello delle intenzioni e dei metodi usati".
Ai giorni nostri
Ora il confronto si fa ancora più acceso. Non pochi sperano che il nuovo documento sulla bioetica annunciato nel 2007 dalla Congregazione per la dottrina della Fede intervenga sui tanti fronti apertisi nel corso degli anni. L'indirizzo comunque lo ha già dato Benedetto XVI con la Lettera enciclica Spe salvi: "La misura dell'umanità si determina essenzialmente nel rapporto con la sofferenza e col sofferente. Questo vale per il singolo come per la società. Una società che non riesce ad accettare i sofferenti e non è capace di contribuire mediante la compassione a far sì che la sofferenza venga condivisa e portata anche interiormente è una società crudele e disumana".
Esercizio di matematica: "Un malato mentale costa circa 4 marchi al giorno di degenza, uno storpio 5,50 marchi. In molti casi un impiegato capofamiglia ha meno di 3 marchi, un lavoratore non istruito neanche 2 marchi. Al costo di 4 marchi al giorno, quanto costano complessivamente ogni anno questi malati? Quanti assegni familiari di 600 marchi, senza considerare i rimborsi, potrebbero essere elargiti ogni anno con questo denaro?". Il calcolo è abbastanza semplice perché le domande sono contenute in un libro di esercizi di matematica per le scuole medie edito in Germania nel 1936. Sono gli anni in cui il regime nazista mette in atto il cosiddetto Aktion T4, un programma di "igiene razziale" rivolto a persone affette da malattie genetiche inguaribili o malformazioni fisiche. Niente a che vedere con la buona morte che propone l'eutanasia per il benessere e la dignità dei pazienti. Ma tant'è, vuoi per approssimazione o per eccesso di semplificazione, il T4 è passato alla storia come programma di eutanasia. Perché i ragionamenti dell'eugenetica nazista nascondevano medesimi principi, ma anche perché la parola non era nuova a metà degli anni '30.
Gli anni ’50: Pio XII e le cure ai malati terminali
Già nel 1907 il vocabolario della lingua francese aveva incluso tra i suoi lemmi il termine "euthanasie" per come lo conosciamo oggi e solo un anno prima il Parlamento dell'Ohio aveva bocciato un testo di legge in materia. Insomma la storia aveva già cominciato a muoversi da più punti lungo il cammino tragico della buona morte. E con lei anche la chiesa. Con il T4 di Hitler era stato l'eroico vescovo di Munster, Clemens August di Galen, a far sentire la sua voce combattiva e un po' isolata. E venne nominato cardinale da quel Pio XII cui si deve una delle prime dichiarazioni legate in modo esplicito al tema delle cure ai malati in procinto di morte. Era l'anno 1957 e incontrando i partecipanti al congresso della società italiana di anestesiologia Pacelli affrontò il tema della liceità della "soppressione del dolore e della coscienza mediante narcotici" anche per pazienti in procinto di morte e con il rischio di accorciargli così la vita. Fu una domanda e risposta secondo lo stile pontificio del tempo: "Voi ci domandate: ... bisogna rispondere...". E il Papa disse sì, "se non ci sono mezzi e, se nelle circostanze concrete ciò non impedisce l'adempimento di altri doveri morali e religiosi". Non aprì il vaso di pandora, non scatenò polemiche e dibattiti. Semplicemente a domanda rispose. Come la chiesa ha continuato a fare poi dopo.
Negli anni ’60 la Gaudium et Spes
Cosi accadde nel '65, quando il Vaticano il invocò con la Gaudium et spes il rispetto della persona umana contro "ogni specie di omicidio, il genocidio, l'aborto, l'eutanasia e lo stesso suicidio volontario". Solo due anni dopo fu coniata l'espressione "living will", il cosiddetto testamento biologico, segno che il tema stava emergendo sempre più. Stesso intreccio meno di dieci anni dopo: nel '73 nasce in Olanda la società per l'eutanasia volontaria e l'anno dopo esce sulla rivista The Umanist il cosiddetto manifesto sull'eutanasia che invita tutti a firmare le loro "ultime volontà". Negli Usa è l'Associazione degli ospedali cristiani a proporre il Christian affirmation of life: una sorta di risposta alle dichiarazioni pro eutanasia di The Humanist che di fatto ha aperto il dibattito pubblico ed ideologico sul tema.
Negli anni’80 la Dottrina della Fede ribadisce il no all’eutanasia
Il fatto che nel 1980 la Congregazione per la dottrina della fede pubblichi la Dichiarazione sull'eutanasia è un altro segnale. La Iura et bono nasce per rispondere alla domanda ormai diffusa se gli uomini "abbiano il diritto di procurare a se stessi o ai loro simili la 'morte dolce', che abbrevierebbe il dolore e sarebbe, ai loro occhi, più conforme alla dignità umana". Comincia con la definizione di eutanasia ed entra nel dettaglio come la chiesa non aveva mai fatto in modo così autorevole.
L’Accademia per la Vita e l’Evangelium Vitae negli anni ‘90
Verranno poi i paragrafi del catechismo del '92, l'istituzione dell'Accademia per la vita del '94, l'Evangelium vitae di Giovanni Paolo il che parla di "azione o omissione che di natura sua, o nelle intenzioni, procura la morte, allo scopo di eliminare ogni dolore. L'eutanasia si situa, dunque, al livello delle intenzioni e dei metodi usati".
Ai giorni nostri
Ora il confronto si fa ancora più acceso. Non pochi sperano che il nuovo documento sulla bioetica annunciato nel 2007 dalla Congregazione per la dottrina della Fede intervenga sui tanti fronti apertisi nel corso degli anni. L'indirizzo comunque lo ha già dato Benedetto XVI con la Lettera enciclica Spe salvi: "La misura dell'umanità si determina essenzialmente nel rapporto con la sofferenza e col sofferente. Questo vale per il singolo come per la società. Una società che non riesce ad accettare i sofferenti e non è capace di contribuire mediante la compassione a far sì che la sofferenza venga condivisa e portata anche interiormente è una società crudele e disumana".