Ricerca sulle cellule staminali: bene quelle adulte, male quelle embrionali

20 giugno 2013

Sono passati dieci anni. Il New England Journal of Medicine (la più importante rivista medica del mondo) nel 2003 parlò di “promessa di guarigione universale” legata alle cellule staminali embrionali. Per parecchio tempo la vicenda occupò le prime pagine dei giornali: attraverso i media l'eccitazione per questa prospettiva venne trasmessa all'opinione pubblica e vennero messe a tacere le obiezioni etiche sull'uso degli embrioni. 

Alle parole sono poi subentrati i fatti. Li riepiloga Mercatornet: non una sola persona è stata curata con le cellule staminali embrionali e attualmente nulla si vede all'orizzonte perché la ricerca in questo settore si è arenata. Tant'è che nel 2011 la Geron, colosso californiano delle biotecnologie, ha lasciato la ricerca sulle cellule staminali embrionali per dedicarsi ai farmaci anticancro. Ne riferimmo qui.

Nel frattempo, ha dato sviluppi promettenti la ricerca sulle “cellule staminali pluripotenti indotte”, presentata nel 2007 dallo scienziato giapponese Shinya Yamanaka. Vengono definite "staminali etiche” perché non richiedono l'eliminazione di embrioni. C’è ancora molta strada da fare prima che le cellule di Yamanaka possano essere usate per curare i pazienti, ma allo stato dei fatti è questa la strada da percorrere.

Cosa ne è della "battaglia ideologica” di dieci anni fa? Mercatornet, dopo aver ripercorso le varie fasi della vicenda, arriva a parlare di “frode scientifica”.