di Gian Maria Vian, Avvenire 30 marzo 2007

Non erano difensori d'ufficio o, peggio, apologeti travestiti da storici quanti per anni hanno respinto le interpretazioni di Pio XII rivolte a rappresentarlo come accondiscendente nei confronti del nazismo, se non addirittura come «Papa di Hitler». Anzi, proprio nulla di queste costruzioni resta in piedi. Come le ricerche storiche più fondate e attendibili sostenevano da tempo, e come ora conferma un dossier al di sopra di ogni sospetto: documenti inediti del Terzo Reich finiti in mano dei capi (Erich Mielke e il più famoso Markus Wolf) della Stasi - il servizio segreto della Germania orientale - ed entrati in possesso del quotidiano la Repubblica, che li ha anticipati ieri in un ampio articolo del suo inviato a Berlino Marco Ansaldo.
Papa amico dei tedeschi, non dei nazisti
Dai nuovi documenti emerge un Pio XII descritto dagli stessi nazisti come simpatizzante con il popolo tedesco ma certo non con il loro regime, come un capo religioso molto attivo nell'aiuto e nel soccorso a polacchi ed ebrei, e in attesa di «un cambiamento della situazione in Germania». Un papa, sintetizza il quotidiano, che «le alte sfere» del Reich «guardavano con diffidenza e perfino con preoccupazione». Comprensibilmente, se uno dei gesuiti tedeschi della segreteria personale del Pontefice, Robert Leiber, confidava a un ecclesiastico impiegato in Vaticano - ma che in realtà era una spia nazista - come «la maggiore speranza della Chiesa» fosse «che il sistema nazionalsocialista nel prossimo futuro venga annientato da una guerra», cioè l'imminente conflitto mondiale. La conclusione è obbligata: «Dalla lettura di questi documenti - scrive Ansaldo - la figura di Pio XII sembra dunque uscire in maniera nettamente diversa rispetto a quella tramandata».
La costruzione di una leggenda nera
Ecco allora che il Papa amico dei nazisti - considerati dal Pontefice, secondo alcuni storici, come un male minore rispetto al pericolo sovietico - abbandona la scena per lasciare il posto a «un avversario abile e temuto» del nazismo, «tutto il contrario del ritratto di un Pacelli timoro so e indeciso arrivato fino a oggi». A questo punto l'inviato del quotidiano romano si è chiesto come sia stato possibile questo capovolgimento dei fatti, e da due specialisti - il gesuita Giovanni Sale, che da anni su La Civiltà Cattolica e in diversi volumi (Jaca Book) sta pubblicando una documentazione preziosa, e il giornalista tedesco Werner Kaltefleiter - si è sentito rispondere che il Pacelli filonazista è un frutto della propaganda comunista.
Chi legge l'articolo di Ansaldo - che ha ricordato le recenti (ma non del tutto convincenti) dichiarazioni in questo stesso senso di Ian Pacepa, un alto dirigente dei servizi segreti rumeni - potrebbe pensare che il tempo è galantuomo, e che grazie a questi documenti la verità viene finalmente a galla. Le cose sono in realtà un po' diverse.
La campagna di opinione partì dalla stampa sovietica
Ogni nuova acquisizione documentaria è certo importante, ma in questo caso «i dossier segreti di Hitler che riabilitano Pio XII» - così ha titolato in prima pagina la Repubblica - non fanno che confermare quanto da molto tempo si sapeva. E cioè che Pacelli non è mai stato filonazista, nemmeno strumentalmente in funzione antisovietica. E che questa deformazione è nata dalla propaganda sovietica, grazie a una leggenda nera le cui origini, poco note, sono state ripercorse nel 2004 dalla rivista Archivum Historiae Pontificiae.
Innestatasi sulle critiche precoci di ambienti cattolici francesi e polacchi nei confronti dei «silenzi» di Pio XII (a proposito dell'aggressione italiana all'Albania e di quella tedesca alla Polonia), l'immagine di un Papa sostenitore dei regimi fascista e nazista fu lanciata già durante la guerra da organi di stampa sovietici, soprattutto dal quotidiano Izvestija.
Opposizione attiva al nazismo
In realtà il Pontefice tra l'autunno del 1939 e la primavera del 1940 aveva appoggiato, con una decisione senza precedenti, il tentativo, presto abortito, di alcuni circoli militari tedeschi in contatto con i britannici di rovesciare il regime hitleriano. E dopo l'attacco tedesco all'Unione Sovietica.
Il Papa rifiutò di schierarsi con quella che veniva presentata come una crociata contro il comunismo e, anzi, si adoperò per superare le opposizioni di molti cattolici statunitensi all'alleanza con i sovietici.
Una rappresentazione negativa tutta inventata
Oppositore del nazismo, dopo la guerra Pio XII fu altrettanto radicalmente anticomunista, e certo non perché succube degli americani o in quanto cappellano dell'Occidente, come volevano gli stereotipi diffusi dai sovietici. Quest'opera di propaganda culminò nel 1963 con la rappresentazione del dramma Der Stellvertreter («Il vicario») di Rolf Hochhuth, che riprendeva le tesi di una pubblicazione comunista sul Vaticano, come notò subito The Tablet. Da allora, per quasi un quarantennio, la campagna diffamatoria contro Pacelli ha finito per accreditare una rappresentazione diffusissima del Papa che, prima ancora di essere strumentale e infamante, è del tutto inventata. E non è un caso che il dossier presentato su la Repubblica sia rimasto tanti anni in mano ai servizi segreti della Germania orientale. Basterà tutto questo per liquidare «il Papa di Hitler»? Si può sperarlo, ma senza contarci troppo.
Papa amico dei tedeschi, non dei nazisti
Dai nuovi documenti emerge un Pio XII descritto dagli stessi nazisti come simpatizzante con il popolo tedesco ma certo non con il loro regime, come un capo religioso molto attivo nell'aiuto e nel soccorso a polacchi ed ebrei, e in attesa di «un cambiamento della situazione in Germania». Un papa, sintetizza il quotidiano, che «le alte sfere» del Reich «guardavano con diffidenza e perfino con preoccupazione». Comprensibilmente, se uno dei gesuiti tedeschi della segreteria personale del Pontefice, Robert Leiber, confidava a un ecclesiastico impiegato in Vaticano - ma che in realtà era una spia nazista - come «la maggiore speranza della Chiesa» fosse «che il sistema nazionalsocialista nel prossimo futuro venga annientato da una guerra», cioè l'imminente conflitto mondiale. La conclusione è obbligata: «Dalla lettura di questi documenti - scrive Ansaldo - la figura di Pio XII sembra dunque uscire in maniera nettamente diversa rispetto a quella tramandata».
La costruzione di una leggenda nera
Ecco allora che il Papa amico dei nazisti - considerati dal Pontefice, secondo alcuni storici, come un male minore rispetto al pericolo sovietico - abbandona la scena per lasciare il posto a «un avversario abile e temuto» del nazismo, «tutto il contrario del ritratto di un Pacelli timoro so e indeciso arrivato fino a oggi». A questo punto l'inviato del quotidiano romano si è chiesto come sia stato possibile questo capovolgimento dei fatti, e da due specialisti - il gesuita Giovanni Sale, che da anni su La Civiltà Cattolica e in diversi volumi (Jaca Book) sta pubblicando una documentazione preziosa, e il giornalista tedesco Werner Kaltefleiter - si è sentito rispondere che il Pacelli filonazista è un frutto della propaganda comunista.
Chi legge l'articolo di Ansaldo - che ha ricordato le recenti (ma non del tutto convincenti) dichiarazioni in questo stesso senso di Ian Pacepa, un alto dirigente dei servizi segreti rumeni - potrebbe pensare che il tempo è galantuomo, e che grazie a questi documenti la verità viene finalmente a galla. Le cose sono in realtà un po' diverse.
La campagna di opinione partì dalla stampa sovietica
Ogni nuova acquisizione documentaria è certo importante, ma in questo caso «i dossier segreti di Hitler che riabilitano Pio XII» - così ha titolato in prima pagina la Repubblica - non fanno che confermare quanto da molto tempo si sapeva. E cioè che Pacelli non è mai stato filonazista, nemmeno strumentalmente in funzione antisovietica. E che questa deformazione è nata dalla propaganda sovietica, grazie a una leggenda nera le cui origini, poco note, sono state ripercorse nel 2004 dalla rivista Archivum Historiae Pontificiae.
Innestatasi sulle critiche precoci di ambienti cattolici francesi e polacchi nei confronti dei «silenzi» di Pio XII (a proposito dell'aggressione italiana all'Albania e di quella tedesca alla Polonia), l'immagine di un Papa sostenitore dei regimi fascista e nazista fu lanciata già durante la guerra da organi di stampa sovietici, soprattutto dal quotidiano Izvestija.
Opposizione attiva al nazismo
In realtà il Pontefice tra l'autunno del 1939 e la primavera del 1940 aveva appoggiato, con una decisione senza precedenti, il tentativo, presto abortito, di alcuni circoli militari tedeschi in contatto con i britannici di rovesciare il regime hitleriano. E dopo l'attacco tedesco all'Unione Sovietica.
Il Papa rifiutò di schierarsi con quella che veniva presentata come una crociata contro il comunismo e, anzi, si adoperò per superare le opposizioni di molti cattolici statunitensi all'alleanza con i sovietici.
Una rappresentazione negativa tutta inventata
Oppositore del nazismo, dopo la guerra Pio XII fu altrettanto radicalmente anticomunista, e certo non perché succube degli americani o in quanto cappellano dell'Occidente, come volevano gli stereotipi diffusi dai sovietici. Quest'opera di propaganda culminò nel 1963 con la rappresentazione del dramma Der Stellvertreter («Il vicario») di Rolf Hochhuth, che riprendeva le tesi di una pubblicazione comunista sul Vaticano, come notò subito The Tablet. Da allora, per quasi un quarantennio, la campagna diffamatoria contro Pacelli ha finito per accreditare una rappresentazione diffusissima del Papa che, prima ancora di essere strumentale e infamante, è del tutto inventata. E non è un caso che il dossier presentato su la Repubblica sia rimasto tanti anni in mano ai servizi segreti della Germania orientale. Basterà tutto questo per liquidare «il Papa di Hitler»? Si può sperarlo, ma senza contarci troppo.
Tags: