Pubblichiamo di seguito l’intervento di Carlo Valerio Bellieni, Dirigente del Dipartimento Terapia Intensiva Neonatale del Policlinico Universitario "Le Scotte" di Siena e membro della Pontificia Accademia Pro Vita.
Cosa c’è dietro certe novità in campo bioetico che aprono a fenomeni che la Chiesa spesso condanna? Si dibatte se ci sia davvero un amore per il progresso, un desiderio nobile di non interferire con le scelte personali; o se ci sia egoismo. Oppure… qualcosa di meno “romantico”: una paura profonda, forse?
Cultura della divisione, che porta alla diffidenza verso gli altri
Iniziamo osservando che l’etica imperante nel campo della letteratura internazionale è oggi una “etica degli steccati”: bisogna vivere entro un proprio ambito senza entrare in contatto con gli altri… e lì tutto sembra permesso (droga, prostituzione, alcol, doping, pedofilia), tanto che lo slogan più diffuso è quello che afferma che “la libertà finisce dove inizia quella altrui”, che ci disegna tutti come diffidenti gli uni degli altri, impauriti dal contatto umano. Potremmo chiamarla “etica della paura”.
La paura è uno dei motori della cultura contemporanea
È la paura della morte che fa decidere molti neonatologi su chi e quando rianimare, dice un recente studio; è la paura della disabilità (la chiamammo handifobia) che porta a derive eugeniste e che induce a sottoporre tutti i neonati a screening prenatale per la sindrome Down con una deriva verso l’eugenetica selettiva, come ricorda una ricerca del 2003. E c’è chi propone, come fa Hayry su Bioethics del 2006, che al terrore di non poter generare si debba rispondere in maniera altrettanto ansiogena spiegando che generare figli è immorale, dato che, afferma il bioeticista, dare la vita è dare (forse) dolore!
Numerose forme di ansia
C’è chi descrive questo terrore diffuso come conseguenza di un “terrorismo dal volto umano”. È un termine forte… ma ogni giorno assistiamo alla creazione forzata di ansia verso la presunta sovrappopolazione (“siamo troppi, bisogna limitare in ogni modo le nascite!”); o di fobia verso la morte o verso certe malattie che, pur nella loro gravità, non saranno mai tali da rendere la vita “ignobile e inumana”. Non a caso si diffonde in quest’epoca il cosiddetto “disease mongering” (“mercato di malattie”), cioè il creare ansia e paura nella popolazione su supposte malattie, per poter “inventare” un bisogno e vendere farmaci e rimedi. Su questo la letteratura scientifica già ha sollevato allarmi: per esempio la rivista Plos Medicine nel 2006 ha dedicato alla vicenda un intero numero.
La paura per il domani si riversa sui figli
In realtà questo allarme è molto più vecchio di quanto si possa pensare. Nel 1963 Bob Dylan, icona della sinistra pacifista, scriveva:“Avete sparso la peggior paura:/ paura di mettere figli al mondo. /Poiché minacciate il mio figlio non nato e senza nome, /voi non valete il sangue che scorre nelle vostre vene”. Erano le ultime righe della canzone “Masters of war”, che identificava i “signori della guerra” come responsabili di un terrore diffuso verso il domani. Cambia l’atmosfera, ma il bersaglio delle paure non cambia: i figli. Da tempo denunciamo un clima di vera e propria fobia verso la disabilità, che si esplicita raramente in violenze fisiche, ma più spesso in una forma di violenza mentale che porta le persone disabili a sentirsi indesiderati, di troppo.
La “minaccia” della gravidanza
La psicologa M. Hall scriveva già nel 1987 che oggi l’idea che la gravidanza possa concludersi in modo diverso dalla perfezione “semplicemente non è concessa alle donne”, le quali da un clima generale, dai consigli delle amiche, sono indotte a moltiplicare gli esami prenatali impaurite dalla possibilità di imperfezioni. E sappiamo come il passo dal ritrovare una minima imperfezione, magari operabile, all’interrompere la gravidanza sia breve. Recentemente Jaques Testart (Le Monde del 19 aprile 2007), criticando certe espressioni della campagna elettorale francese, ha paragonato la maniera con cui si selezionano “gli immigrati più adatti” con quella con cui si selezionano ”i figli più adatti”. Sono entrambe figlie del consumismo, dice, cioè – diremmo noi – del criterio che identifica il benessere con la quantità di cose di cui possiamo disfarci.
Spasmodica ricerca del benessere
Già, perché viviamo in un clima in cui si confonde il benessere con ciò che in realtà non consumiamo né godiamo: con il superfluo... e lo misuriamo in termini di “rifiuti prodotti”. È un clima che non sa più spiegare nemmeno cosa è la salute… o cosa vuol dire curare, e senza questa coscienza si alterano tutte le scelte in campo bioetico. Si confondono i desideri con i capricci; e cosa nasce dal travisare il significato della parola salute!
Cade in questi giorni il 60° anniversario della dichiarazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che definisce la salute come “il completo benessere psico-fisico e sociale”. È una definizione già da molti criticata, perché utopistica, irrealizzabile. E che non solo genera insoddisfazione, ma porta a vedere gli altri come “ostacoli o mezzi” alla realizzazione della propria salute. E genera il terrore che anche un minimo imprevisto – magari un figlio – possa portarcela via.
Lo “scandalo” della malattia e dell’handicap
Se questa è la salute, come stupirci se viviamo oggi una fobia generalizzata verso ciò che non sappiamo gestire: dall’immigrazione alla morte; dalla disabilità all’arrivo di un figlio? Poco importa che la maggior parte dei disabili siano persone serene come gli altri o tristi come gli altri; che pochissimi tra i gravi malati terminali desiderino “farsi suicidare”: la fobia, la paura regnano… l’imprevisto è ciò che la società teme, tendendo alla scomparsa della (bio-) diversità, all’omologazione.
Giovanni Paolo II: «Non abbiate paura!»
Per questo capiamo come siano state profetiche le prime parole di Giovanni Paolo II, riprese identiche da Benedetto XVI, all’insediamento dei rispettivi pontificati: “Non abbiate paura!”. In una società che identifica il benessere con l’inutile perché ha paura di affrontare (e godere) la realtà, la profezia laica di Bob Dylan si unisce alla preghiera dei due Papi per salvare il mondo dal terrore.
L'etica della paura
Zenit, 13 aprile 2006