tratto da Gabriella Sartori, Avvenire 31 gennaio 2007
A proposito di Pacs, vi sono laicissime ragioni per desistere dall'improbo sforzo di produrre un provvedimento che comunque lo si giri minerà la famiglia prevista dalla Costituzione, ragioni avanzate da laicissimi cittadini e cittadine, alcuni credenti altri no. E, in un paese come il nostro in cui vige la benefica separazione fra Chiesa e Stato, è soprattutto di queste ragioni espresse da questi cittadini che il parlamento e il governo devono tener conto prima di stabilire priorità e fare scelte legislative. In altre parole, quando ci si accinge a legiferare, a nessuno dovrebbe venir in mente che lo si fa per "accontentare" (o "far star zitti" una buona volta) il Papa e i Vescovi, bensì per fare il bene del Paese. Quel famoso "bene comune" alla definizione del quale dovrebbe esser pacifico che debbano concorrere tutti i cittadini e le cittadine che su quel "bene comune" possono legittimamente avere opinioni diverse.
Riflessione sulle priorità del Governo
Le ragioni che piacciono ai laici "doc" e quelli che piacciono ai laici senza aggettivi: sempre laici sono, e sempre ragionevolmente laiche sono le ragioni di cui si avvalgono. Su queste, tentiamo di riportare ragionevolmente il discorso: e magari anche un po' di serenità. Cominciamo dalle priorità: se è vero che il totale delle coppie conviventi italiane fuori dal matrimonio sono il 3,9% della popolazione, per quale motivo il Governo si è assunto l'imperativo categorico di preparare una proposta per riconoscerne le esigenze con la massima urgenza, neanche che si trattasse di far fronte ad uno tsunami sociale dalle vastissime proporzioni?
Più urgenti le misure per la famiglia
Perché mai questi provvedimenti (e i fondi corrispondenti) devono venir prima di quelli (ben più necessari e urgenti) cui avrebbero diritto le ben più numerose coppie unite dal matrimonio previsto dalla Costituzione? Non è una domanda confessionale, è una domanda logica, concreta, laica. Ma andiamo avanti: è vero che una proposta di legge definitiva sui Pacs ancora non s'è vista, ma tutte le ipotesi sul terreno per taluni aspetti concordano. Primo: si riconosce a qualcuno che fa una scelta privata (le coppie eterosessuali che non si sposano pur potendolo fare) il pubblico diritto di farlo e di farlo quindi a pubbliche spese. E' giusto questo? Se ne misurano poi le conseguenze? Cosa si potrà poi obiettare, per esempio, a chi dovesse privatamente decidere di non pagare le tasse ogni volta che un pubblico servizio non viene fornito, e il caso è più che frequente come è ben noto? Ancora: tutte le ipotesi di legge sui Pacs riconoscono pressocché gli stessi diritti a chi si assume doveri molto più leggeri.
Stravolgimento della corrispondenza tra diritti e doveri
Si stravolge così una delle principali regole del vivere civile, la corrispondenza fra diritto e dovere, si dà riconoscimento pubblico e lo si sostiene economicamente a chi non si assume impegni a lungo termine. Come se questa "spensieratezza" fosse un bene da proteggere e non, invece, un male sociale di cui si lamentano per primi, ancora di più di quanto non facciano il papa e i vescovi, i datori di lavoro, gli insegnanti, moltissimi genitori, l'infinito esercito dei fruitori di servizi, ecc. tutti alle prese con i danni provocati dalla mentalità di chi non vuole assumersi impegni, non vuol fare sacrifici, in altre parole non vuol assumersi responsabilità.
E si potrebbe continuare con questi e altri interrogativi fondati e fondanti. Che riguardano tutti, non solo i preti. Che riguardano il bene comune, non solo i "biechi" interessi delle alte gerarchie. Siamo certi che queste cose le sa benissimo anche il presidente Napolitano, nonché i milioni di cittadini e cittadine cui risultano laicamente del tutto implausibili le ragioni e la fretta con cui si vogliono varare pacs et similia.
Riflessione sulle priorità del Governo
Le ragioni che piacciono ai laici "doc" e quelli che piacciono ai laici senza aggettivi: sempre laici sono, e sempre ragionevolmente laiche sono le ragioni di cui si avvalgono. Su queste, tentiamo di riportare ragionevolmente il discorso: e magari anche un po' di serenità. Cominciamo dalle priorità: se è vero che il totale delle coppie conviventi italiane fuori dal matrimonio sono il 3,9% della popolazione, per quale motivo il Governo si è assunto l'imperativo categorico di preparare una proposta per riconoscerne le esigenze con la massima urgenza, neanche che si trattasse di far fronte ad uno tsunami sociale dalle vastissime proporzioni?
Più urgenti le misure per la famiglia
Perché mai questi provvedimenti (e i fondi corrispondenti) devono venir prima di quelli (ben più necessari e urgenti) cui avrebbero diritto le ben più numerose coppie unite dal matrimonio previsto dalla Costituzione? Non è una domanda confessionale, è una domanda logica, concreta, laica. Ma andiamo avanti: è vero che una proposta di legge definitiva sui Pacs ancora non s'è vista, ma tutte le ipotesi sul terreno per taluni aspetti concordano. Primo: si riconosce a qualcuno che fa una scelta privata (le coppie eterosessuali che non si sposano pur potendolo fare) il pubblico diritto di farlo e di farlo quindi a pubbliche spese. E' giusto questo? Se ne misurano poi le conseguenze? Cosa si potrà poi obiettare, per esempio, a chi dovesse privatamente decidere di non pagare le tasse ogni volta che un pubblico servizio non viene fornito, e il caso è più che frequente come è ben noto? Ancora: tutte le ipotesi di legge sui Pacs riconoscono pressocché gli stessi diritti a chi si assume doveri molto più leggeri.
Stravolgimento della corrispondenza tra diritti e doveri
Si stravolge così una delle principali regole del vivere civile, la corrispondenza fra diritto e dovere, si dà riconoscimento pubblico e lo si sostiene economicamente a chi non si assume impegni a lungo termine. Come se questa "spensieratezza" fosse un bene da proteggere e non, invece, un male sociale di cui si lamentano per primi, ancora di più di quanto non facciano il papa e i vescovi, i datori di lavoro, gli insegnanti, moltissimi genitori, l'infinito esercito dei fruitori di servizi, ecc. tutti alle prese con i danni provocati dalla mentalità di chi non vuole assumersi impegni, non vuol fare sacrifici, in altre parole non vuol assumersi responsabilità.
E si potrebbe continuare con questi e altri interrogativi fondati e fondanti. Che riguardano tutti, non solo i preti. Che riguardano il bene comune, non solo i "biechi" interessi delle alte gerarchie. Siamo certi che queste cose le sa benissimo anche il presidente Napolitano, nonché i milioni di cittadini e cittadine cui risultano laicamente del tutto implausibili le ragioni e la fretta con cui si vogliono varare pacs et similia.
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