La mia tesi è che la traduzione che Associated Press ha fatto della lettera latina di Ratzinger contiene un errore molto grave. O non sanno il latino, o fanno finta di non saperlo. La lettera di Ratzinger parla di "dispensatio", non di espulsione dallo stato clericale.
Siamo nel 1985. Il nuovo Codice di Diritto canonico, che è del 1983, è in vigore da due anni. Fra le pene più gravi che possono essere irrogate a un sacerdote vi è l'espulsione (latino "dimissio") dallo stato clericale. Secondo il Codice del 1983, canone 290, un chierico può essere espulso dallo stato clericale o da una sentenza di un tribunale ecclesiastico, o da un rescritto della Santa Sede. Fra le cause di espulsione, il Codice menziona espressamente gli abusi sessuali su minori (canone 1395).
Ora, secondo il codice del 1983, l'espulsione dallo stato clericale comporta per il reo la perdita di tutti i diritti e doveri connessi con lo stato clericale e di qualsiasi potestà collegata (canone 292), con l'eccezione espressa della dispensa dal dovere del celibato (canone 291). Questo che cosa vuol dire? Che all'ex chierico non è consentito sposarsi in Chiesa. Se un chierico vuol essere dispensato dal dovere del celibato, deve chiedere dispensa alla Santa Sede (ancora canone 291). Nessun altro può concederla. La dispensa non è una pena: è una concessione. In latino, è una "relaxatio disciplinae ad casum": un allentamento della disciplina, concesso in un caso concreto, per andare incontro a individuo.
Perché la dispensa dal celibato non è concessa automaticamente? Semplice: perché altrimenti, chi vuole essere dispensato dal voto solenne, se si vede negata la dispensa, potrebbe commettere un delitto castigato con l'espulsione, con lo scopo di ottenerla. Sarebbe il colmo: premiare un criminale concedendogli quello che vuole. Ora, la lettera di Ratzinger dice che la Santa Sede non concede dispensa.
Ratzinger ha risposto che, per il bene comune della Chiesa, non era il caso di andare incontro al reo. Ha rifiutato di allentare la disciplina! Questo è il contrario di quello che ha scritto Associated Press, e che ha ripetuto la stampa mondiale. Nel caso della Associated Press, si potrebbe pensare che abbiano agito per ignoranza del latino. Anche allora, è grave che fingano di conoscerlo. Ma in Italia? Sorge il sospetto della mala fede. Il processo per espulsione dallo stato clericale è andato avanti autonomamente, e, provate le accuse, è finito come doveva finire: con l'espulsione. La diocesi ha chiesto alla Santa Sede di dispensarlo dal celibato, e Ratzinger ha risposto di no. Il Cardinal Ratzinger è stato severo con il criminale, non lasso!
Segue traduzione della lettera:
Eccellentissimo Signore,
ricevuta la Tua lettera del giorno 13 settembre di quest'anno, a proposito della causa di dispensa da tutti gli oneri sacerdotali, che riguarda il Rev.Stephen Miller Kiesle, di codesta diocesi, è mio compito comunicarti quanto segue.
Questo Dicastero, pur ritenendo di grande importanza gli argomenti addotti a favore della dispensa richiesta in questo caso, ritiene tuttavia necessario considerare il bene della Chiesa Universale insieme con quello del postulante, e perciò non può considerare di poco conto i danni che la concessione della dispensa può provocare nella comunità dei fedeli, specialmente tenendo conto della giovane età del supplicante.
Bisogna perciò che questa Congregazione sottoponga i casi di questo genere a un esame più attento, che richiederà necessariamente un intervallo di tempo più lungo.
Nel frattempo la Tua Eccellenza non ometta di accompagnare il postulante con cura paterna, spiegandogli anche in modo adatto il modo di agire di questo Dicastero, che suole procedere tenendo conto in modo principale del bene comune.
Colgo questa occasione per esprimerTi i miei vivi sentimenti di stima, ecc.
Annotazioni: il reo, Miller Kiesle, è chiamato due volte "orator", che ho tradotto "postulante". Nel codice di Diritto canonico si chiama orator chi prende l'iniziativa di un'azione giuridica. Chi viene chiamato in giudizio, che viene chiamato "pars conventa". chi (Canone 1701 § 2). Viene chiamato "orator" anche chi chiede una dispensa (Canone 1699 § 1). Si deve considerare ovvio che il reo non avrebbe preso l'iniziativa di avviare una causa contro di sé. Se prende l'iniziativa, è per chiedere una dispensa, come appare dal resto della lettera.
Ratzinger risponde che la giovane età del richiedente esclude che gli venga concessa la dispensa, perché ciò andrebbe contro il bene comune. Il riferimento è alle disposizioni di Giovanni Paolo II, che nel 1980 aveva dato norme che stabilivano che non si concedesse dispensa dal celibato prima dei 40 anni del richiedente. Nel decennio precedente erano state concesse, con l'idea che il richiedente, che spesso stava già trasgredendo il voto solenne del celibato, cioè di fatto non si asteneva dal compiere atti sessuali.
Per andare loro incontro si concedeva loro dispensa. Giovanni Paolo II decise di non farlo più facilmente, e comunque non prima dei 40 anni, perché in tal modo l'autorità della Chiesa sembrava avallare i disordini sessuali. Anzi, poteva sembrare che bastasse avere una condotta disordinata per avere la dispensa. La facile concessione della dispensa avviliva il popolo cristiano, a cui sembrava che la legge morale e gli impegni presi dinanzi a Dio non contassero nulla, e incoraggiava i candidati al sacerdozio a prendere alla leggera l'impegno di astinenza sessuale. Giovanni Paolo II, con l'aiuto del Card. Ratzinger, avviò una procedura di maggior rigore nei confronti di chi chiedeva di essere dispensato dal voto di astinenza. Questa è la storia.
Il caso Kiesle
considerazioni del Prof. Marco Valerio Fabbri, 13.4.2010
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