Sintesi di Documentazione.info dello studio “Mifepristone e Aborto Farmacologico” della Promed Galileo 3 dicembre 2007
l 6 dicembre presso la Camera dei deputati è stato presentato un dossier scientifico sui potenziali rischi della pillola abortiva ru486. Il documento è stato elaborato dalla Promed Galileo una Società medico-scientifica interdisciplinare che ha inviato lo studio all’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) che il prossimo 10 dicembre esaminerà la domanda di commercializzazione del farmaco in Italia. Nello studio di 40 pagine si analizzano tutti gli aspetti della procedura medica dell’aborto chimico dalla farmacodinamica alle sue controindicazioni. Prendendo in considerazione dati provenienti da diverse ricerche internazionali il dossier ne esamina l’efficacia, le controindicazioni e la scurezza.
Tasso di mortalità 10 volte superiore all'aborto chirurgico
Il dato più significativo è quello di uno studio del New England Journal of Medicine che rileva che l’aborto chimico ha un tasso di mortalità 10 volte superiore a quello dell’aborto chirurgico: 1/100.000 morti per il mifepristone, 1/1.000.000 per aborto in sala operatoria. Il dossier cerca anche di ricostruire le morti finora accertate a causa della somministrazione del farmaco. Sono almeno 5 i casi di decesso citati da studi scientifici. Ma ve ne sono almeno altri 11 in diversi paesi collegabili a complicanze dovute all’aborto farmacologico. Questi casi, secondo il dossier, seppur non presenti nella letteratura medica, “per la rilevanza della questione necessitano di un approfondimento, anche richiedendo relazioni dettagliate alle rispettive agenzie sanitarie nazionali”.
Tollerabilità fisica
Il dossier esamina anche la tollerabilità del farmaco indicando l’alta percentuale di effetti indesiderati. Tra questi vengono indicati diversi studi sul sanguinamento profuso che provoca la somministrazione del farmaco nel 8,9% e 80,5% dei casi contro il 4,8% e il 25,8% delle procedure chirurgiche. Inoltre dolori forti sono accusati nel 43% delle procedure effettuate entro i 49 giorni di gestazione, percentuale che sale al 53% tra il 50° e il 56° giorno e a 54% tra il 57° e il 63° giorno di gestazione. Lo studio conclude in base ai dati che “sebbene le donne che scelgono l’aborto farmacologico abbiano un’aspettativa di minore dolore rispetto a quello chirurgico, tale attesa resta spesso non confermata dopo la procedura”.
Tollerabilità psicologica
Lo studio si occupa anche della tollerabilità psicologica citando il British Journal of Obstetrics and Gynaecology: in una serie di 363 donne l’aborto chimico è stato riferito come più stressante di quello chirurgico, in particolare la vista dell’embrione abortito (56% delle donne) è stata associata a una maggiore frequenza di effetti psicologici negativi (incubi, flashbacks, pensieri intrusivi relativi all’eseperienza). Inoltre citando gli Acta Obstetricia et Gynecologica Scandinavica del 2005 si rileva che se nell’aborto chirurgico i livelli di ansia delle pazienti sono più alti prima dell’intervento, nel caso dell’aborto farmacologico i livelli di ansia sono maggiori dopo la procedura, oltre a maggiore e significativa caduta dell’autostima.
Le perplessità scientifiche
Insomma il dossier mostra come secondo le evidenze scientifiche l’aborto farmacologico è meno sicuro di quello chimico, comporta eventi avversi che spesso si presentano a distanza di tempo dalla procedura e non elimina anzi peggiora la tollerabilità (fisica e psicologica) dell’interruzione di gravidanza. A queste conclusioni si aggiunge anche il sospetto che l’aborto farmacologico laddove commercializzato abbia contribuito ad un incremento del ricorso all’interruzione di gravidanza, anche se su questo campo, ammette il dossier, è necessario procedere ad ulteriori indagini.
È necessario continuare a studiare il metodo
Il dossier sembra suggerire che per tutte queste motivazioni e per la bassa qualità degli studi disponibili, caratterizzati dalla contraddittorietà dei risultati, l’interpretazione dell’accettabilità del metodo è difficoltosa e andrebbe ulteriormente approfondita prima di permetterne la commercializzazione.
Il testo integrale della ricerca è disponibile cliccando qui
Tasso di mortalità 10 volte superiore all'aborto chirurgico
Il dato più significativo è quello di uno studio del New England Journal of Medicine che rileva che l’aborto chimico ha un tasso di mortalità 10 volte superiore a quello dell’aborto chirurgico: 1/100.000 morti per il mifepristone, 1/1.000.000 per aborto in sala operatoria. Il dossier cerca anche di ricostruire le morti finora accertate a causa della somministrazione del farmaco. Sono almeno 5 i casi di decesso citati da studi scientifici. Ma ve ne sono almeno altri 11 in diversi paesi collegabili a complicanze dovute all’aborto farmacologico. Questi casi, secondo il dossier, seppur non presenti nella letteratura medica, “per la rilevanza della questione necessitano di un approfondimento, anche richiedendo relazioni dettagliate alle rispettive agenzie sanitarie nazionali”.
Tollerabilità fisica
Il dossier esamina anche la tollerabilità del farmaco indicando l’alta percentuale di effetti indesiderati. Tra questi vengono indicati diversi studi sul sanguinamento profuso che provoca la somministrazione del farmaco nel 8,9% e 80,5% dei casi contro il 4,8% e il 25,8% delle procedure chirurgiche. Inoltre dolori forti sono accusati nel 43% delle procedure effettuate entro i 49 giorni di gestazione, percentuale che sale al 53% tra il 50° e il 56° giorno e a 54% tra il 57° e il 63° giorno di gestazione. Lo studio conclude in base ai dati che “sebbene le donne che scelgono l’aborto farmacologico abbiano un’aspettativa di minore dolore rispetto a quello chirurgico, tale attesa resta spesso non confermata dopo la procedura”.
Tollerabilità psicologica
Lo studio si occupa anche della tollerabilità psicologica citando il British Journal of Obstetrics and Gynaecology: in una serie di 363 donne l’aborto chimico è stato riferito come più stressante di quello chirurgico, in particolare la vista dell’embrione abortito (56% delle donne) è stata associata a una maggiore frequenza di effetti psicologici negativi (incubi, flashbacks, pensieri intrusivi relativi all’eseperienza). Inoltre citando gli Acta Obstetricia et Gynecologica Scandinavica del 2005 si rileva che se nell’aborto chirurgico i livelli di ansia delle pazienti sono più alti prima dell’intervento, nel caso dell’aborto farmacologico i livelli di ansia sono maggiori dopo la procedura, oltre a maggiore e significativa caduta dell’autostima.
Le perplessità scientifiche
Insomma il dossier mostra come secondo le evidenze scientifiche l’aborto farmacologico è meno sicuro di quello chimico, comporta eventi avversi che spesso si presentano a distanza di tempo dalla procedura e non elimina anzi peggiora la tollerabilità (fisica e psicologica) dell’interruzione di gravidanza. A queste conclusioni si aggiunge anche il sospetto che l’aborto farmacologico laddove commercializzato abbia contribuito ad un incremento del ricorso all’interruzione di gravidanza, anche se su questo campo, ammette il dossier, è necessario procedere ad ulteriori indagini.
È necessario continuare a studiare il metodo
Il dossier sembra suggerire che per tutte queste motivazioni e per la bassa qualità degli studi disponibili, caratterizzati dalla contraddittorietà dei risultati, l’interpretazione dell’accettabilità del metodo è difficoltosa e andrebbe ulteriormente approfondita prima di permetterne la commercializzazione.
Il testo integrale della ricerca è disponibile cliccando qui