
Philippe Ariño, spagnolo, insegna lingue a Parigi e ha scritto "Omosessualità controcorrente”, un libro che in Francia ha destato scalpore. Vi è narrata la sua vita da omosessuale e da attivista Lgbt, fino al cambiamento di rotta che lo ha avvicinato al cristianesimo. Tempi lo ha intervistato e dalle sue risposte traiamo qui i punti più interessanti.
All'origine c'è una ferita
Le mie tendenze omosessuali erano il manifestarsi di una ferita, non una scelta o un peccato. E neanche una cosa innocua. Perché essere omosessuali è una sofferenza. Ho cominciato a stare meglio quando ho preso coscienza di questo e ho parlato ad altri della mia condizione.
Fragilità identitaria
Siamo arrivati ad una estraneità tra i sessi. Invece andrebbe riscoperta la bellezza di vivere con chi è differente, e complementare con te: dove non arriva il maschio arriva la femmina, e viceversa.
Dire sì a Dio rende felici
Rinunciando alle mie pulsioni omosessuali dico sì a Dio, e ottengo molto più di prima. Il Signore ci ama per come siamo, e non perché ci vede "a posto”. Adesso ho riscoperto la bellezza dell'amicizia maschile, che non scambierei più con le relazioni di un tempo. Nella Chiesa ho trovato per la prima volta qualcuno che mi ha accolto come persona.
Il rapporto con il mondo di prima
È un mondo diverso da come vuole apparire: tutt'altro che gaio. Gli attivisti ti vedono soltanto per la tua sessualità, come se fossi un animale o un individuo di serie B che deve avere diritti speciali. Per questo dico che spesso siamo i peggiori nemici di noi stessi.
Un argomento da dibattere
La questione dell’omosessualità va trattata liberamente, per trasmettere alle nuove generazioni la bellezza della differenza. Invece la nostra società finge di esaltare le differenze ma poi le tratta come una minaccia.