
10 esperti tedeschi, statunitensi e spagnoli si interrogano sul tema
Un libro, pubblicato in Spagna[1], raccoglie i contributi di dieci esperti, che affrontano il tema da vari punti di vista. I lavori si basano su anni di ricerche condotte dagli autori nei rispettivi Paesi: Stati Uniti, Germania, Spagna. Ma abbracciano un panorama molto ampio, perché mettono a confronto anche i dati emersi dalle ricerche sperimentali condotte in altri Paesi, tra i quali, per esempio, Francia, Inghilterra, Australia. La conoscenza di questi risultati è preziosa anche per i non addetti ai lavori. Infatti, l’enorme influenza che gli insegnanti e l’ambiente scolastico esercitano sugli alunni, induce molti genitori a voler approfondire i pro e i contro dell’educazione mista e di quella specializzata per sesso, attraverso dati oggettivi sugli effetti dei vari sistemi.
I risultati: apprendimento migliore per minoranze e poveri
Il libro ne fornisce parecchi. I risultati più evidenti sono quelli ottenuti, negli Stati Uniti, con gli studenti più svantaggiati: minoranze razziali e ceti meno abbienti. Rispetto agli alunni di scuole miste, quelli che frequentano scuole single-sex manifestano indici di apprendimento più alti, un’autostima più elevata, un maggiore autocontrollo e un atteggiamento più liberale verso le donne che lavorano fuori casa[2]. Alcuni autori però spiegano che gli effetti positivi del modello omogeneo vanno ben al di là di questo stipo di studenti. Infatti l’educazione separata va molto bene per ragazzi e ragazze di estrazione sociale non disagiata, in virtù di una “cultura scolastica specifica” che si dà nelle scuole distinte per sesso[3]. Una cultura che mette in movimento un gioco di relazioni sinergiche tra insegnanti, genitori e studenti, che conferisce una valenza particolare all’impegno nel lavoro scolastico. Le cifre parlano chiaro. Per esempio, la National Foundation for Educational Research in Inghilterra ha pubblicato nel 2002 i risultati di uno studio su quasi tremila high schools, per un totale di trecentosettantamila alunni, giungendo alla conclusione che il rendimento degli studenti delle scuole single-sex è nettamente più alto[4]. In Germania si è registrato un migliore apprendimento da parte delle ragazze in alcune materia (informatica, chimica, fisica, matematica) quando l’insegnamento è impartito in classi omogenee[5].
Una ricerca Australiana su 270.000 studenti
Un caso emblematico è l’ampia ricerca dell’Australian Counsil for Educational Research (p. 279), che ha monitorato per sei anni l’evoluzione di duecentosettantamila studenti. Nel 2001 ha pubblicato i risultati dello studio, dal quale è emerso che i ragazzi e le ragazze educati in scuole omogenee per sesso ottenevano risultati scolastici superiori rispetto agli alunni e alle alunne di scuole miste: tra il 15 e il 22%, a seconda delle materie. Le proporzioni si mantenevano anche tra allievi di estrazione familiare e sociale similare (p. 245). Inoltre, il documento giunge alla conclusione che nelle scuole omogenee il piano di studi era più esigente, il clima di lavoro era più gradevole e che gli alunni e le alunne avevano un comportamento migliore[6]. In quello stesso anno, nel Nuovo Galles del Sud, lo stato australiano più popoloso, si è registrata una diminuzione del 50% nelle richieste di iscrizione alle scuole pubbliche miste[7].
La funzione tutoriale è più efficace con classi separate
I detrattori delle scuole omogenee sostengono però che la separazione dei sessi non sia rilevante, e che i risultati migliori siano da ascrivere al fatto che mediamente in queste scuole le classi sono meno numerose, oppure al fatto che di solito possono contare su insegnanti più motivati, o che sono frequentate da alunni appartenenti a ceti sociali più benestanti, con genitori più istruiti e, a volte, più impegnati nell’educazione dei figli[8]. E’ invece abbastanza condiviso il fatto che la funzione tutoriale risulti più efficace nelle scuole solo maschili e solo femminili, perché gli psicologi ritengono che sia molto conveniente che l’alunno/a possa ricevere orientamento da una persona dello stesso sesso con la quale il dialogo è più naturale e può raggiungere maggiore profondità[9].
Anche alcune esponenti del femminismo sono favorevoli
La difesa dell’educazione specializzata per sesso ha trovato recentemente sostegno anche in esponenti del femminismo tedesco e americano. Tra queste ultime, c’è chi la ritiene ideale per l’educazione del carattere a scuola[10]. I promotori dell’educazione omogenea non sarebbero quindi dei reazionari, antiquati e conservatori, bensì i veri progressisti, che stanno all’avanguardia. Del resto tra i sostenitori delle scuole distinte per maschi e femmine, negli Stati Uniti si annoverano senatori democratici come Hillary Clinton, che ha studiato in una scuola femminile e ne va fiera, e repubblicani come Bush, che ha appoggiato il progetto del Dipartimento dell'Istruzione degli Stati Uniti di diffusione del modello omogeneo anche nelle scuole statali[11], per arricchirne l’offerta educativa. Tra l’altro, l’esperienza di molti Paesi conferma che l’istruzione e l’educazione separate per sesso non fomentano tendenze unilaterali o riduttive nelle scelte postscolasiche e in quelle professionali. Al contrario, sembra che favoriscano lo sviluppo di atteggiamenti, preferenze e inclinazioni più liberi dai condizionamenti degli stereotipi di genere[12].
80% degli insegnanti ha problemi dovuti al differente modo di pensare di maschi e femmine
A chi domanda se sia possibile che un insegnante agisca in modo distinto con ogni sesso nella stessa aula, alcuni esperti rispondono che per un buon professore non è impossibile, ma che non c’è dubbio che è molto più probabile ottenere buoni risultati se entrambi i sessi sono separati[13]. Il dato di fatto è che dalle scuole omogenee gli alunni vengono fuori senza pregiudizi verso l’altro sesso e che queste scuole li rendono persone migliori[14]. Riguardo agli insegnanti è interessante sapere che il 90% sembra non rendersi conto delle differenze che ci sono tra maschi e femmine e di conseguenza non adotta strategie distinte per ottimizzare il lavoro con ciascun sesso[15]. Per altro, professori di scuole miste nordamericane affermano di perdere l’80% del tempo delle lezioni per risolvere problemi dovuti alle differenze di criterio e di modo di pensare di maschi e femmine[16].
La buona diversificazione delle relazioni affettive
Un altro dato utile fa riferimento ai benefici della diversificazione degli scenari[17] (famiglia, lavoro, amici, interessi personali, attività sociali e di solidarietà ecc.) tra i quali conviene distribuire le proprie aspirazioni. Questa strategia, fondamentale per l’equilibrio emotivo e la felicità degli adulti, trova applicazione anche tra gli adolescenti. Risultano quindi preferibili le dinamiche tipiche delle scuole con alunni di un solo sesso, nelle quali avviene una necessaria diversificazione nelle relazioni affettive: a scuola ci saranno gli amici/le amiche, fuori dalla scuola l’eventuale “fidanzata/o”. Di conseguenza le crisi sentimentali, molto frequenti a quell’età, investiranno solo una parte del mondo affettivo dell’interessato[18]. Proprio in questo ambito, a volte, postulati assunti acriticamente inducono alcuni genitori a credere che tra i compiti principali dell’istituzione scolastica ci sia quello di educare alle relazioni con l’altro sesso, e che tale scopo si debba perseguire attraverso un ambiente coeducativo. Nella società contemporanea, però, i giovani hanno già molte occasioni di esperienze miste. Inoltre, il tempo che in un anno passano tra i banchi (circa 15%) è una piccola parte rispetto a quello che trascorrono fuori dalle aule (circa 85%)[19]. Perché, dunque, privarli di un’educazione aperta agli impulsi propri di ciascun sesso, che favorisce un approccio specifico a contenuti identici[20]? Tra l’altro, è ormai noto che, pur in assenza di ricerche serie che provassero in modo chiaro la superiorità del modello coeducativo, la diffusione di questo sistema in Germania (come in altri Paesi) non è avvenuta per motivi pedagogici, bensì soprattutto per venire incontro alle speranze di chi vedeva nella scuola un laboratorio per i cambiamenti sociali, in funzione dell’anelata emancipazione della donna e dell’auspicabile promozione delle pari opportunità tra i sessi[21].
La scuola mista può rafforzare gli stereotipi sessisti
Negli ultimi trent’anni, però, proprio in questi ambiti sono emersi i limiti della scuola mista in parecchi Paesi. In Francia, per esempio, è in corso un’accesa polemica innescata dal noto sociologo Michel Fize, secondo il quale la scuola mista ha rafforzato gli stereotipi sessisti e non ha favorito l’uguaglianza di opportunità[22]. Alla stessa conclusione sono giunti ricercatori tedeschi, che nelle scuole miste hanno registrato, a danno delle ragazze, un progressivo aumento delle aggressioni psichiche e verbali, accompagnate spesso da molestie sessuali[23].
La crescita armonica della persona
Molti pedagogisti[24], più che alla conoscenza tra i sessi, conferiscono maggiore importanza alla crescita armonica della persona nella sua globalità, che pare si ottenga meglio con l’educazione omogenea. L’identificazione del bambino con il padre (o altra figura maschile di riferimento), per citare uno degli aspetti da considerare, è della massima rilevanza per lo sviluppo della stabilità psicologica interiore del ragazzo[25]. Altrettanto importante è tenere presente i diversi interessi di maschi e femmine, le differenti motivazioni, i diversi ritmi di maturazione, che spesso riducono l’efficacia del lavoro degli educatori in contesti coeducativi. Dai sette ai diciassette anni, per esempio, le femmine rendono intellettualmente di più dei maschi. Per limitarci all’ambito linguistico, orale e scritto, si è visto che in media un ragazzo di diciassette anni possiede le abilità di una quattordicenne[26]. Del resto, la parte del cervello che coordina la funzione linguistica è di un 30% più piccola negli uomini rispetto alle donne, le quali sin dalla scuola primaria manifestano una superiore fluidità nel linguaggio e una maggiore rapidità nell’assimilazione delle regole ortografiche[27].
Il dibattito negli USA e in Spagna
Per quanto riguarda gli Stati Uniti, nel libro vengono tracciate le linee fondamentali della battaglia legale a favore delle single-sex school. In alcuni ambienti, infatti, si cerca di negarne la legittimità e la legalità, analogamente a quanto avviene in Spagna[28]. Alla luce della normativa internazionale [29] e della giurisprudenza[30], risulta comunque chiaro che non ogni distinzione è di per sé discriminatoria, e che non si può pretendere di imporre l’uniformità come unico modello educativo legittimo. Tra le scuole che negli Stati Uniti hanno adottato il sistema separato per sessi, vengono distinti[31] i modelli di prima generazione, che erano espressione di un’idea stereotipata delle capacità delle donne, da quelli di seconda generazione, che hanno invece lo scopo di aumentare le opportunità degli educandi. A differenza della maggior parte dei programmi di scuola pubblica distinta per sesso anteriori al Titolo IX degli Emendamenti Educativi del 1972, il modello di seconda generazione è concepito per ampliare lo spettro delle scelte degli studenti e per sviluppare i talenti di ciascuno.
Libertà di scelta per i genitori
Un’esigenza di fondo che emerge dal libro è che, nel rispetto delle differenti preferenze educative, non si vede perché non si debba consentire ai genitori di scegliere liberamente tra i diversi modelli, e rendere effettiva la libertà di scelta, svincolandone l’esercizio da oneri economici o d’altro genere, che possano vanificarla[32]. Entrambi i modelli educativi possono essere utili, ma devono adeguarsi alle nuove sfide. Oggi è il tempo in cui i genitori devono riappropriarsi del ruolo primario che loro compete nell’educazione dei figli, affrancandosi dai totalitarismi educativi, che non hanno diritto di cittadinanza in una società democratica.
Note
[1] José María Barrio Maestre (ed.), Educación diferenciada, una opción razonable, Pamplona, 2005, pp. 318, euro 18,00.
[2] Cfr. Rosemary C. Salomone, “La educación diferenciada por sexos: derecho, política e investigación”, in José María Barrio Maestre, cit., p. 182.
[3] Cfr. Cornelius Riordan, “Comentario de Cornelius Riordan”, in appendice a Rosemary C. Salomone, cit, p. 198.
[4] Nello stesso anno la National Foundation for Educational Research ha pubblicato uno studio dal quale emerge che, a parità di situazioni, nelle scuole femminili le ragazze ottengono valutazioni superiori (a volte fino a un terzo) rispetto a quelle delle alunne di scuole miste. Cfr. María Calvo Charro, cit., p. 279-280.
[5] Cfr. Ingbert von Martial, “Coeducación y educación separada”, in José María Barrio Maestre, cit., p. 74. Titolo originale: “Koedukation und getrennte Erziehung”. L’autore è un noto studioso di pedagogia sperimentale.
[6] Tra i numerosi esempi, si cita il caso del Appin Park Primary School di Melbourne, dove su accordo di genitori, professori e alunni, si sono costituite varie classi differenziate per sesso, ottenendo miglioramenti nel comportamento e nel rendimento degli alunni. Ne ha parlato anche il più prestigioso quotidiano di Melbourne: Shane Green (Education Editor), The Age, 11 ottobre 2004, in op. cit., nota 1, p. 264.
[7] The Sun Herald, 25 marzo 2001, cit. in www.diferenciada.org.
[8] Cfr. Christina Hoff Sommers, “Educación diferenciada: un activo para una sociedad plural”, in José María Barrio Maestre, cit., p. 245. L’autrice è membro dell’American Enterprise Institute di Washington.
[9] Cfr. Raymond A. Noe, “Women and mentoring: A review and research agenda”, Academy of Management Review, 13, 65-78, 1988, cit. in José Antonio Alcázar Cano – José Luis Martos Navarro, “Algunas reflexiones sobre la educación diferenciada por sexos”, in José María Barrio Maestre, cit., pag. 99, nota 15.
[10] Cfr. Christina Hoff Sommers cit. p. 238.
[11] Corriere della Sera, 10 maggio 2004.
[12] Cfr. Ingbert von Martial, cit., p. 63.
[13] Cfr. Christina Hoff Sommers, cit. p. 245.
[14] Cfr. Christina Hoff Sommers, cit. p. 246.
[15] Cfr. María Calvo Charro, “Todos iguales pero diferentes. El derecho a una educación diferenciada”, in José María Barrio Maestre, cit., p. 276.
[16] Ibidem, p. 274.
[17] Cfr. Luis Rojas Marcos, Nuestra incierta vida normal, 2004, cit. in María Calvo Charro, cit. p. 284.
[18] Cfr. María Calvo Charro, cit., p. 285.
[19] Cfr. María Calvo Charro, cit., p. 283.
[20] Crf. Ingbert von Martial, cit. p. 67.
[21] Per la Germania crf. Ingbert von Martial, cit., p. 21. Analoghe ricerche giungono alle stesse conclusioni in altri Paesi.
[22] Michel Fize, Les pièges de la mixité, Presses de la Renaissance, Paris, 2003. Fize è membro del Centre National de la Recherche Scientifique (CNRC) ed è stato consulente tecnico tra il 1997 y 2002, dell’allora Ministro della Gioventù e dello Sport, Marie-George Buffet, membro del partito comunista francese. Cit. in José Antonio Alcázar Cano – José Luis Martos Navarro, “Algunas reflexiones sobre la educación diferenciada por sexos”, in José María Barrio Maestre, cit., p. 93.
[23] Cfr. Ingbert von Martial, cit., p. 29.
[24] Per esempio la tedesca Christa Meves, “La chicas son diferentes y los chicos más”, in José María Barrio Maestre cit., pp. 249-261.
[25] Ibidem, p. 254. Nelle scuole omogenee di solito gli/le alunni/e possono contare su insegnanti dello stesso sesso.
[26] Cfr. María Calvo Charro, cit., p. 272. Le differenze medie tra i sessi sono, comunque, relativamente minori rispetto a quelle esistenti tra i membri di uno stesso sesso. Cfr. Ingbert von Martial, cit. p. 53. Questo garantisce un’adeguata varietà e ricchezza di situazioni all’interno di ciascuna classe omogenea.
[27] Cfr. Christa Meves, cit. p. 257.
[28] Cfr. José Luis Martínez López-Muñiz, “Siete tesis sobre la legalidad de una educación escolar especializada por razón del sexo”, in José María Barrio Maestre, cit., pp. 205-235. L’autore è professore di Diritto Amministrativo all’Università di Valladolid.
[29] Articolo 2 della Convenzione relativa alla lotta contro le discriminazioni nella sfera dell'insegnamento, UNESCO, 14 dicembre 1960, http://www.unesco.org/education/nfsunesco/pdf/DISCRI_F.PDF
[30] Per la situazione spagnola, vedi per es. Sentenza 498 del 25 novembre 2002, Sala de lo contencioso-administrativo del Tribunal Superior de Justicia de La Rioja. Cit. in José Luis Martínez López-Muñiz, cit. p. 229.
[31] Cfr. Rosemary C. Salomone, cit., p. 150.
[32] Cfr. María Calvo Charro, cit., p. 295.