Cosa resta del Sinodo sulla Famiglia 2014?

di Giovanni Tridente, 5 novembre 2014

Si è scritto e detto tanto sull’ultimo Sinodo dei Vescovi, convocato da Papa Francesco in Vaticano dal 5 al 19 ottobre. Grande è stata l’attenzione del sistema mediatico e dell’opinione pubblica per la tematica affrontata: “le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione”, che riguarda in sostanza la missione principe della Chiesa nella sua proiezione sociale.

A distanza di giorni conviene ritornare sull’argomento e riflettere a mente fredda su cosa è stato veramente il Sinodo e quale “missione” consegna alla Chiesa e in particolare alle famiglie di tutto il mondo.

Sicuramente c’è stato un dibattito vivace, una pluralità di argomenti affrontati, visioni culturali diverse e situazioni ecclesiali tra le più remote a quelle più immediate. Si sono potute ascoltare le esperienze, le attese e le premure delle Chiese africane, così come di quelle occidentali, asiatiche o dell’Europa dell’Est. Tutti i Padri sinodali hanno avuto la possibilità di intervenire e di fatto sono intervenuti. In più, si sono ascoltate le esperienze di diverse coppie di sposi, di laici che si dedicano all’accompagnamento matrimoniale e di altri che operano nel campo della pastorale che precede le nozze. Tutti i lavori si sono svolti alla presenza del Santo Padre, avvalorando quel cum Petro et sub Petro che è a garanzia del cammino e del valore sinodale.

Ma cosa resta di tutta questa esperienza e quali implicazioni ha sulle Chiese particolari, sulle famiglie cattoliche e sui singoli fedeli?

I documenti a cui guardare, che vengono appunto consegnati sia alle famiglie di tutto il mondo – “e in particolare a quelle che seguono Cristo Via, Verità e Vita” – che alle Conferenze episcopali, sono sostanzialmente due: il Messaggio e la Relatio Synodi. Come ha affermato lo stesso Papa Francesco nel lungo discorso di chiusura dei lavori, questi testi rappresentano una summa “fedele e chiara” di tutto ciò che è stato detto e discusso anche nelle riunioni dei circoli minori (approfondimento degli argomenti con una suddivisione per gruppi linguistici). 

Lo stesso discorso del Pontefice chiarisce a sua volta l’importanza dell’esperienza Assembleare appena conclusa, la inquadra nella giusta prospettiva e la colloca in definitiva sotto l’autorità di Pietro, supremo custode e servitore della Chiesa di Cristo.

Quel che è certo è che il Sinodo, così come concepito dal Beato Paolo VI cinquant’anni fa, ha solo un ruolo consultivo e di esercizio della collegialità apostolica dei Vescovi riuniti con il Papa. Non c’era da attendersi alcun documento dottrinale e non è stata presa alcuna decisione. Tra l’altro, questa prima tappa era funzionale all’appuntamento (questa volta “ordinario”) del prossimo anno, programmato dal 4 al 25 ottobre sul tema La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa nel mondo contemporaneo. Un tempo “per maturare, con vero discernimento spirituale, le idee proposte e trovare soluzioni concrete a tante difficoltà e innumerevoli sfide”, ma anche “ai tanti scoraggiamenti  che circondano e soffocano le famiglie”, ha detto Papa Francesco.

Vediamo in ordine ciascuno di questi testi.

 

Il Messaggio

Innanzitutto il Messaggio, che è un condensato di ammirazione, vicinanza e accompagnamento per tutte le famiglie cattoliche “per la testimonianza quotidiana che offrite a noi e al mondo con la vostra fedeltà, la vostra fede, speranza e amore”.

I Vescovi non ignorano però le tante “luci ed ombre, sfide esaltanti, ma talora anche prove drammatiche” che le famiglie sono costrette a vivere, sfide legate anche alla “fatica della stessa esistenza” o quelle imposte da sistema sociali malati o da culture e politiche oppressive (difficoltà economiche, disoccupazione, smarrimento giovanile, ma anche immigrazione forzata, persecuzioni, sfruttamento, abusi).

Eppure, di fronte a tanta sofferenza, “è ammirevole la fedeltà generosa di molte famiglie che vivono queste prove con coraggio, fede e amore”.  In queste circostanze, l’appello che si leva dai Padri sinodali a governi e organizzazioni internazionali è di “promuovere i diritti della famiglia per il bene comune”.

I Vescovi ribadiscono che “l’amore dell’uomo e della donna ci insegna che ognuno dei due ha bisogno dell’altro per essere se stesso”, pur restando diverso nella sua identità. In questa prospettiva, “l’amore coniugale, unico e indissolubile, persiste nonostante le difficoltà” e quindi si conferma “uno dei miracoli più belli, benché sia anche il più comune”.

Infatti, spesso alla base di “situazioni famigliari complesse e problematiche per la scelta cristiana” ci sono quei tanti fallimenti che derivano da un “indebolimento della fede e dei valori, individualismo, impoverimento delle relazioni, stress di una frenesia che ignora la riflessione”. Ecco perché si assiste “a non poche crisi matrimoniali, affrontate spesso in modo sbrigativo e senza il coraggio della pazienza, della verifica, del perdono reciproco, della riconciliazione e anche del sacrificio”.

La seconda parte del testo è ricca di speranza e di grande incoraggiamento e mette in risalto il potere della testimonianza, verso i figli, la parentela e le giovani coppie, ma anche della carità verso gli ultimi, gli emarginati, i poveri, le persone sole e le altre famiglie in crisi: “così la famiglia si presenta quale autentica Chiesa domestica, che si allarga alla famiglia delle famiglie che è la comunità ecclesiale”. Tra l’altro, “Cristo ho voluto che la sua Chiesa fosse una casa con la porta sempre aperta nell’accoglienza, senza escludere nessuno”. Centrali, in tutto questo, la frequenza dei Sacramenti, l’ascolto della Parola di Dio e l’Eucaristia domenicale.

Il Messaggio si conclude con una invocazione al Padre perché doni fortezza e saggezza alle famiglie, una casa e un lavoro per gli sposi, speranza e coraggio ai giovani e “una Chiesa sempre più fedele e credibile, una città giusta e umana, un mondo che ami la verità, la giustizia e la misericordia”.

 

Relatio Synodi

Più corposo è il testo della Relazione finale del Sinodo, che è in sostanza un documento di lavoro che viene consegnato ora alle Conferenze episcopali e che servirà come base di discussione per l’Assemblea del prossimo anno. Esso propone, come si diceva prima, una serie di riflessioni che sono frutto del lavoro sinodale e che dovranno maturare ed essere precisate meglio nelle Chiese locali.

La prima parte affronta il contesto socio-culturale nel quale sono immerse le famiglie del mondo, e quindi le influenze che subiscono e le crisi che sono costrette a vivere (individualismo esasperato, fragilità delle relazioni, disinteresse delle istituzioni, legislazioni contrarie al matrimonio e alla famiglia, penalizzazione della maternità, violenze e sfruttamenti. In questo ambito, la Chiesa è chiamata ad “aiutare le coppie nella maturazione della dimensione emozionale e nello sviluppo affettivo” e fare in modo che si possano ripensare e riproporre “le grandi domande sul significato dell’essere uomini”.

In fondo, si tratta di “accogliere le persone con la loro esistenza concreta, saperne sostenere la ricerca, incoraggiare il desiderio di Dio e la volontà di sentirsi pienamente parte della Chiesa anche in chi ha sperimentato il fallimento”.

Nella seconda parte c’è una riproposizione del “Vangelo della famiglia” e il suo legame nell’ordine della creazione e dell’agire salvifico di Dio. A questo riguardo, viene ribadito che “l’indissolubilità del matrimonio, non è innanzitutto da intendere come ‘giogo’ imposto agli uomini bensì come un ‘dono’ fatto alle persone unite in matrimonio”.

Infatti, “nella reciproca accoglienza e con la grazia di Cristo i nubendi si promettono dono totale, fedeltà e apertura alla vita”. C’è poi un pensiero per quelle famiglie “ferite e fragili”: “conforme allo sguardo misericordioso di Gesù, la Chiesa deve accompagnare con attenzione e premura i suoi figli più fragili, segnati dall’amore ferito e smarrito, ridonando fiducia e speranza”.

L’ultima parte affronta alcune prospettive pastorali per l’annuncio di questo “Vangelo della famiglia” nei vari contesti, anche quelli più difficili. Si ravvede, in tal senso, “un’urgenza per la nuova evangelizzazione”, che la Chiesa deve attuare “con tenerezza di madre e chiarezza di maestra”: “la verità si incarna nella fragilità umana non per condannarla, ma per salvarla”. Innanzitutto, dovranno essere le stesse famiglie cattoliche, con la loro testimonianza, “soggetti attivi della pastorale familiare”, per non rischiare che l’annuncio affoghi “nel mare di parole che caratterizza la nostra società”.

“Decisivo sarà porre in risalto il primato della grazia” e “per questo si richiede a tutta la Chiesa una conversione missionaria”: “non fermarsi ad un annuncio meramente teorico e sganciato dai problemi reali delle persone”. Anche perché non bisogna dimenticare che la crisi del matrimonio e della famiglia dipende da una più complessiva “crisi della fede”.

Ritorna l’accento sull’importanza della Parola di Dio, “fonte di vita e spiritualità”, e la meditazione della Sacra Scrittura, che rappresenta “un criterio di giudizio e una luce per il discernimento delle diverse sfide”. Secondo i Padri bisogna anche convertire il “linguaggio”: “non si tratta di presentare una normativa ma di proporre valori”. Il rinnovamento deve interessare anche la “prassi pastorale” e la formazione dei sacerdote, diaconi, catechisti e operatori pastorali, “mediante un Maggiore coinvolgimento delle stesse famiglie”.

Di fondamentale importanza è il cammino di preparazione al matrimonio, la cui impostazione richiede un impegno maggiore, ma anche l’accompagnamento nei primi anni della vita matrimoniale, che “sono un periodo vitale e delicato”: “va sottolineata l’importanza della spiritualità familiare, della preghiera e della partecipazione all’Eucaristia domenicale”.

Una sezione riguarda anche il “forte calo della natalità che indebolisce il tessuto sociale, compromette il rapporto tra le generazioni e rende più incerto lo sguardo sul futuro”. A questo proposito, viene ribadito che “l’apertura alla vita è esigenza intrinseca dell’amore coniugale”, ma “occorre aiutare a vivere l’affettività, anche nel legame coniugale, come un cammino di maturazione, nella sempre più profonda accoglienza dell’altro e in una donazione sempre più piena”.

Resta attuale, anzi “va riscoperto il messaggio dell’Enciclica Humanae Vitae di Paolo VI” e va sostenuto “un adeguato insegnamento circa i metodi naturali per la procreazione responsabile”. Vengono anche risaltate altre esperienze di “fecondità coniugale”, come ad esempio “l’adozione di bambini, orfani e abbandonati, accolti come propri figli”, “occasione per testimoniare la propria fede e restituire dignità filiale a chi ne è stato privato”.

Alcuni punti della Relatio affrontano infine le situazioni di quanti non vivono più o non ancora – anche per ragioni culturali dei rispettivi Paesi – la realtà del matrimonio cristiano (matrimoni civili, convivenze, separazioni, divorzi): “è importante entrare in dialogo pastorale con tali persone al fine di evidenziare gli elementi della loro vita che possono condurre a una maggiore apertura al Vangelo del matrimonio nella sua pienezza”.

Anche in questo caso entra in gioco “la testimonianza attraente di autentiche famiglie cristiane, come soggetti dell’evangelizzazione della famiglia”. L’approccio è soprattutto quello dell’ascolto “con rispetto e amore facendosi compagni di cammino come il Cristo con i discepoli sulla strada di Emmaus”.

Non bisogna trascurare “la sofferenza di coloro che hanno subito ingiustamente la separazione, il divorzio o l’abbandono” oppure sono stati costretti a rompere la convivenza. In tutte queste situazioni va esercitato “un accompagnamento di grande rispetto, evitando ogni linguaggio e atteggiamento” discriminatorio nei confronti di queste persone. In tutti i casi è stata fatta salva l’indissolubilità del matrimonio.

 

Il Discorso di Papa Francesco

L’ultimo testo che l’Assemblea “consegna” ai fedeli è il discorso conclusivo di Papa Francesco, più esteso del solito, a tratti inatteso, dato che per tutta la durata dei lavori il Santo Padre ha mantenuto un costante silenzio limitandosi ad ascoltare e a prendere appunti.

Il Papa offre innanzitutto un bilancio dell’andamento dei lavori, dicendo che si è effettivamente percorso un cammino sinodale, con momenti di entusiasmo e ardore, di “profonda consolazione” – ascoltando la testimonianza dei “pastori veri” e quella delle famiglie – “dove il più forte si è sentito in dovere di aiutare il meno forte, dove il più esperto si è prestato a servire gli altri, anche attraverso i confronti”.

Non sono mancati però “momenti di desolazione, di tensione e di tentazioni”, come ad esempio: l’”irrigidimento ostile” di chi non si lascia “sorprendere da Dio”; il “buonismo distruttivo”, “che tratta i sintomi e non le cause e le radici” dei problemi; lo “scendere dalla croce, per accontentare la gente, e non rimanerci” e così “piegarsi allo spirito mondano invece di purificarlo e piegarlo allo Spirito di Dio”; la tentazione di “trascurare il ‘depositum fidei’, considerandosi non custodi ma proprietari e padroni”.

Poi il Papa ha confidato: “personalmente mi sarei molto preoccupato e rattristato se non ci fossero state queste tentazioni e queste animate discussioni”. Invece, “ho visto e ascoltato – con gioia e riconoscenza – discorsi e interventi pieni di fede, di zelo pastorale e dottrinale, di saggezza, di franchezza, di coraggio, di parresia. E ho sentito che è stato messo davanti ai propri occhi il bene della Chiesa, delle famiglie e la ‘suprema lex’, la ‘salus animarum’”.

Tutto ciò, “senza mettere mai in discussione le verità fondamentali del Sacramento del Matrimonio: l’indissolubilità, l’unità, la fedeltà e la procreatività, ossia l’apertura alla vita”. Anzi, è venuta fuori la realtà di una Chiesa che è “Madre fertile” e “Maestra premurosa”, “che non guarda l’umanità da un castello di vetro per giudicare o classificare le persone”, ma che “ha le porte spalancate per ricevere i bisognosi, i pentiti e non solo i giusti o coloro che credono di essere perfetti!”.

Francesco ha quindi rassicurato che “quando la Chiesa, nella varietà dei suoi carismi, si esprime in comunione, non può sbagliare”, e quindi non c’è bisogno di dubitare, anche perché “il vero promotore e garante dell’unità e dell’armonia nella Chiesa” è sempre lo Spirito Santo.

Mentre il Papa, in quanto Successore di Pietro, è il “supremo servitore” e resta “il garante dell’ubbidienza e della conformità della Chiesa alla volontà di Dio, al Vangelo di Cristo e alla Tradizione della Chiesa”.