
1. “I documenti pubblicati sono scandalosi”. Come abbiamo detto si tratta di un centinaio di “documenti riservati” che contengono alcuni contenuti scomodi ma non scandalosi perché chi li ha scritti riferisce al Papa, in modo spesso crudo, problemi reali della Chiesa, come per esempio decisioni di governo che considerano sbagliate, o anche richieste di udienza e proposte indirizzate al Papa; il tono “crudo” con cui vengono riferiti è dovuto al fatto che gli autori pensavano che li avrebbe letti solo il Pontefice. Tra i documenti ritenuti scandalosi c’è, per esempio, una nota per aiutare il Papa preparare l’incontro con il Presidente della Repubblica Italiana Napolitano. In questa nota si leggono alcune indicazioni su temi sensibili di bioetica da trasmettere al Capo di stato italiano, considerate da alcuni giornalisti una forma di ingerenza di uno stato su un altro.
2. “I documenti attaccano l’immagine del Papa”. L’immagine del Papa che viene fuori da queste carte non è quella di un Pontefice in crisi, ma di un sovrano che riflette e chiede opinioni a molti collaboratori prima di prendere decisioni. L’unico danno è la violazione della privacy. Inoltre bisogna ricordare che le decisioni del Papa consistono molto spesso più nel “non agire” che in alcune forti azioni riformatrici: è interessante in questo senso osservare che alcune delle segnalazioni e raccomandazioni contenute nelle lettere a lui indirizzate, anche da parte di alti esponenti della Chiesa, non sono state esaudite.
3. “Il Vaticano è un campo di battaglia tra due fazioni contrapposte”. In realtà i documenti non sono collegati tra loro, ma fanno riferimento a una grande varietà di temi e a diversi dipartimenti della Sante Sede. Uno degli obiettivi della fuga di documenti è destabilizzare il Segretario di Stato il Card. Bertone e il Segretario del Papa Mons. Gaenswein. Non bisogna dimenticare che il collegio dei cardinali è l’insieme degli esecutori dell’autorità del Pontefice, ma è normale che nella collegialità vi sia una diversità di opinioni, che comunque, almeno in questa circostanza non riguarda aspetti essenziali della fede.
4. “I cardinali non possono essere giudicati”. I cardinali possono essere giudicati dal Tribunale Supremo del Vaticano, che al momento è formato dai cardinali Burke, Tauran e Sardi. Se il Papa volesse potrebbe anche dimettere qualcuno di loro o anche tutti se fosse necessario, come fece Bonifacio VIII in all’inizio del 1300. Il fatto che il Papa non lo faccia non vuol dire che non ne abbia il potere, ma che sia una decisione il non farlo.
5. “Il maggiordomo del Papa sarà giudicato da un tribunale della Chiesa”. Non è così perché chi giudicherà sarà il tribunale civile dello Stato Vaticano in cui i giudici sono laici, professori universitari. Qui, come in altri casi, l’errore sta nell’identificare la Santa Sede che si occupa del governo della Chiesa cattolica con lo Stato Città del Vaticano che è il territorio in cui risiede il Papa.
6. “Il maggiordomo sarà giudicato con processo segreto”. Il giudice ha solo decretato il segreto d’ufficio per la fase istruttoria, se deciderà di inviarlo a giudizio, sarà giudicato con un processo pubblico.
7. “Il Papa concederà l’indulto al maggiordomo”. Più che di un errore si tratta di un’ipotesi. Ovviamente se Giovanni Paolo II ha concesso l’indulto ad Ali Agca è molto probabile che anche Benedetto XVI lo conceda a Paolo Gabriele. Ma resta solo una possibilità e, in ogni caso, questo non avverrà verosimilmente prima della soluzione del caso.
Per approfondire come queste vicende siano state fraintese, soprattutto nel mondo giornalistico, segnaliamo un articolo del giornalista spagnolo Diego Contreras, e uno del giornalista americano John Allen che aiutano a farsi un'idea della situazione.