Nel mondo ci sono 30 milioni di schiavi

di Stefano Grossi Gondi, 9 maggio 2016

Sembra una parola del passato, eppure è decisamente attuale. La schiavitù riguarda 30 milioni di persone, per un giro d’affari annuo di 150-200 miliardi di dollari. Lo rivela una ricerca dell’Onu che mette in collegamento questo fenomeno con quello delle migrazioni, che coinvolgono 300 milioni di persone. La differenza tra queste due realtà è che i migranti viaggiano per scelta, per trovare lavoro e condizioni di vita migliori, mentre gli schiavi vengono deportati contro la loro volontà.

A seconda delle aree geografiche, cambia l’ambito della schiavitù: in Africa ed in America latina è diffusa soprattutto nell’agricoltura (60%), in Asia nelle manifatture (50%) e nella pesca (25%), mentre in Europa e America del Nord la schiavitù è spesso legata alla prostituzione. La novità rispetto al passato è che gli schiavisti non sono di paesi stranieri, ma per lo più sono connazionali delle loro vittime.

Alle radici della schiavitù ci sono ragioni economiche, la delinquenza, la guerra. Donne e bambini in massa diventano bottini dei vincitori, e il loro è un destino di sfruttamento: pedofilia, terrorismo, lavoro nero nelle fabbriche. Alle coscienze occidentali l’Onu lascia un monito: ricordare cioè che molti oggetti e prodotti alimentari che acquistiamo in negozi o mercati vari, vengono prodotti in Asia e in Africa grazie allo sfruttamento di schiavi, grandi e soprattutto piccoli di età.

 

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